venerdì 29 febbraio 2008

Tanta Fatica E Poi... Ma La Lotta Continua

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La Cassazione scarcera il figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvatore, terzogenito del boss, in cella dal 2002 per associzione mafiosa e estorsione. Appartenente a Cosa Nostra come il padre, è stato scarcerato dopo la decisione della Suprema Corte per scadenza dei termini! Il ministro Scotti (nuovo ministro della Giusitzia, dopo le dimissioni del ceppalonico Mastella)chiede chiarimenti, sconcertato da questa scarcerazione
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La Corte di Cassazione ha disposto la scarcerazione, per scadenza dei termini, di Giuseppe Salvatore Riina, 27enne figlio terzogenito del boss di Corleone Totò Riina, detenuto al 41 bis nel carcere di Sulmona. Riina jr, in cella dal 2002, ha lasciato il carcere ieri pomeriggio Ai cronisti che lo attendevano il giovane ha detto, sorridendo, di non avere «nulla da dichiarare» (O_o).
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Riina jr fu accusato di associazione mafiosa ed estorsione e condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi. In appello la pena era stata ridotta a 11 anni e 8 mesi. La Corte di Cassazione, però, aveva annullato senza rinvio la condanna per estorsione e con rinvio quella per associazione mafiosa. Il processo era tornato davanti ad un'altra sezione della Corte d'Appello di Palermo che aveva condannato nuovamente Riina per l'associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi.
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I legali, intanto, avevano fatto ricorso al tribunale del Riesame di Palermo contro la custodia cautelare in carcere del figlio del capomafia di Corleone, sostenendo che nel frattempo erano decorsi i termini di carcerazione. I giudici della libertà l'avevano respinto. I difensori si sono rivolti a questo punto alla Cassazione «che ha annullato la misura senza rinvio, disponendo la liberazione immediata di Riina».
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La scarcerazione di Riina jr però è destinata a far discutere. Il ministro della Giustizia, Luigi Scotti, ha chiesto di ricevere «con la massima urgenza, le necessarie informazioni». Nel sottolineare «la gravità dei reati contestati a Riina e l'allarme sociale che ne deriva», il Guardasigilli ha scritto personalmente al presidente e al procuratore generale della Corte d'Appello di Palermo, «per conoscere i tempi delle singole cadenze processuali e del passaggio dei fascicoli da un grado di giudizio all'altro e per sapere se si siano verificati eventuali ritardi o disfunzioni nella gestione dell'iter del procedimento».
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«Profondamente amareggiato» in seguito alla scarcerazione del figlio del boss si è detto il ministro dell'Interno Amato. «L'episodio è grave ma voglio assicurare che le forze dell'ordine non si scoraggeranno per questo e proseguiranno l'offensiva che sta portando grandi successi nella lotta alla mafia», infatti per questo Amato si è subito messo in contatto con il Capo della Polizia Antonio Manganelli. «Il figlio di Riina sappia che, se deciderà di tornare ad abitare a Corleone, vigileremo sulla sua presenza in paese» ha detto il sindaco di Corleone Antonino Iannazzo. «La notizia della scarcerazione ci allarma moltissimo» è stato il commento del leader del Pd Walter Veltroni.
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Ora, facciamo tanta fatica per catturare tutti questi CRIMINALI, e ce li facciamo "scappare" così?! Per scadenza dei termini?!? NO, QUESTO NO!
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Comunque, ieri Nunzio Di Lauro, figlio del boss Paolo Di Lauro, capo dell’omonimo clan di Secondigliano, è stato arrestato dai carabinieri del comando provinciale di Caserta, in un appartamento ad Ischitella, sul litorale domitio. Nunzio Di Lauro era uno dei due figli del boss ancora in libertà. E' rimasto solo Marco Di Lauro in libertà.
Nunzio Di Lauro, 23 anni, si trovava a Ischitella con la moglie e il figlio di 4 anni. Era ricercato per associazione camorristica e per omicidio per aver massacrato uccidendo di botte un pensionato, prima di passargli sul corpo con il motorino.
Nunzio reggeva il clan dopo l'arresto dei fratelli Cosimo e Vincenzo Di Lauro, e soprattutto dopo l'arresto del padre Paolo Di Lauro, «Ciruzzo 'o milionario», avvenuto nel settembre 2005. .
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Sono sempre meno, siamo sempre PIU' FORTI. Stiamo ripulendo l'Italia da questa feccia, CONTINUIAMO A LOTTARE E A CREDERE IN QUESTA BATTAGLIA!
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(Fonte: Il Corriere)

giovedì 28 febbraio 2008

Grazie Aldo


La gatta frettolosa fa i gattini ciechi, ha sempre pensato sua eccellenza Aldo Monfeli.
Lui no, mai stato frettoloso. Anzi.

Sei anni dopo esser andato in pensione lasciando la presidenza della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Calabria, continua a depositare le vecchie sentenze dopo averci riflettuto sette, otto, nove anni. Gli altri pensionati vanno ai giardinetti, lui deposita sentenze. Ponderate. Molto ponderate.

Romano ma sposato con una signora di Lametia Terme e calabrese d'adozione, piccolo, minuto, pignolo, Aldo Monfeli era stato presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti regionale, con sede a Catanzaro, fino a metà del 2002. Quando, raggiunti i limiti di età, era andato finalmente a riposo. Lasciandosi dietro una lunga scia di sentenze che aveva emesso, decidendo assoluzioni e condanne, senza mai depositarle. Col risultato che gli avvocati difensori degli imputati, pur potendo puntare sulla prescrizione, non avevano neppure potuto fare ricorso.

Non bastasse, nel momento chiave gli era pure morto Francesco Iraci, il magistrato che gli aveva fatto da spalla in un sacco di processi e che avrebbe potuto depositare lui tutti quei verdetti in sospeso. «Eccellenza dottor Monfeli, e adesso?». «Tranquilli, ve li faccio in pensione», rispose il giorno dell'addio. E da allora, pian pianino, ha depositato 23 vecchie sentenze nel 2003, 5 nel 2004, 7 nel 2005 e dopo essersi preso nel 2006 un anno di riposo senza stendere neppure un verdetto, si è rifatto vivo con 6 deliberazioni depositate nel 2007 e una nel 2008. Totale: 42 sentenze (una ammiccò d'averla ritrovata dietro un calorifero dov'era chissà come scivolata) in cinque anni e passa.

L'ultima, registrata il 16 gennaio scorso, riguardava l'assoluzione di un funzionario comunale, un certo Michele Scalercio, responsabile del servizio di Ragioneria del municipio di San Fili, per un presunto dirottamento di sei mandati di pagamento destinati alla Regione e finiti nelle casse di una fantomatica «As. Mez.» (associazione mezzogiorno) di cui lui stesso figurava essere il legale rappresentante. Motivo dell'assoluzione: prima di citarlo in giudizio per danno erariale e danno all'immagine del comune di San Fili, il procuratore regionale della Corte dei Conti doveva invitare formalmente l'uomo a depositare, entro 30 giorni, le proprie deduzioni. Ma le ragioni e i torti, quali che fossero, sono quasi secondari rispetto alle date: la sentenza depositata a metà gennaio di quest'anno era stata emessa infatti sotto la presidenza di Aldo Monfeli nel lontano 8 marzo del 2000. Quando il presidente americano era ancora Bill Clinton, il centravanti della Juventus era Daniel Fonseca, George Clooney doveva ancora girare «Ocean's eleven» e si usavano ancora le lire.

E non era neppure il record.

Il suo primato personale, che dovrebbe essere adeguatamente segnalato nel «Guinness World Records», Sua Eccellenza Monfeli lo mise a segno infatti il 21 giugno scorso, solstizio d'estate e festa di San Luigi Gonzaga. Fu in quella data memorabile che depositò ben tre sentenze emesse il 24 giugno 1998. Cioè tre giorni prima che scoccassero i nove anni di attesa.Ammettetelo: tre miracoli.

Di quel lontano 1998 tutti noi, comuni mortali, fatichiamo a ricordare la prima visita di Giovanni Paolo II a Cuba, la tragedia della funivia del Cermis abbattuta da un aereo di piloti yankee in vena di acrobazie o la morte del sanguinario Pol Pot.Lui no: il giudice a riposo ricordava tutto. Non solo che il nodo era il danno erariale causato nel 1991 (quando a palazzo Chigi c'era Giulio Andreotti e alla funzione pubblica Remo Gaspari) dai dirigenti dell'Asl numero 31 della Calabria (su tutti il controverso Francesco Gangemi, poi coinvolto in inchieste varie) colpevoli di avere promosso vari infermieri che non ne avevano diritto. Ma ricordava nomi, cognomi, date di nascita, prove a carico, documenti a discolpa: tutto. Compresi gli interventi dei legali: «L'avvocato Morabito, a sua volta, ha argomentato ampiamente a proposito dell'intervenuta prescrizione e — diversamente da quanto opinato dalla Procura — della natura non permanente dell'asserito illecito, bensì istantanea con effetti permanenti, con le conseguenze che da tale distinzione derivano con riferimento all'individuazione del dies a quo ai fini degli effetti del decorso del tempo».
Un mostro. Al cui confronto lo stesso Pico della Mirandola, che passava per avere una memoria di ferro, impallidisce.
Tratto da un articolo di Gian Antonio Stella

Io quest uomo, per la sua etica del Lavoro e per la sua immensa dedizione e rispetto delle Istituzioni (e dell' Italia stessa), voglio ringraziare.

Esempio di dover essere a cui tutti dovremmo ispirarci.


Se si vuole, si può.

mercoledì 27 febbraio 2008

Laureati


Dirimere un'ambiguità lessicale è un problema per un laureato su cinque. A dir la verità, anche solo comprendere la frase che avete appena letto è un problema per un laureato su cinque. "Termini come dirimere, duttile, faceto, proroga si trovano comunemente sui giornali, ma per molti italiani con pergamena appesa al muro sono parole opache".

Luca Serianni, linguista all'università di Roma 3, ne fece esperienza diretta un giorno nell'ambulatorio di un dentista cui s'era rivolto per un'urgenza. "Con le mie lastrine in mano chiamò al telefono un collega per avere un parere: "Senti caro, aiutami a diramare un dubbio...".
E il professore sudò freddo: "Un medico che non sa maneggiare le parole è un medico che non legge, quindi non si aggiorna, quindi forse non sa maneggiare neanche un trapano".

Analfabeti con la laurea. Non è un paradosso. E nessuno s'offenda: ci sono riscontri scientifici. Il report 2006 del ramo italiano dell'indagine internazionale All-Ocse (Adult Literacy and Life Skill), coordinato dalla pedagogista Vittoria Gallina, non lascia spazio a dubbi: 21 laureati su cento non riescono ad andare oltre il livello elementare di decifrazione di una pagina scritta (il bugiardino di un medicinale, le istruzioni di un elettrodomestico). E non sanno produrre un testo minimamente complesso (una relazione, un referto medico, ma anche una banale lettera al capo condominio) che sia comprensibile e corretto.

Una minoranza? Sì: un laureato italiano su due, per fortuna, raggiunge il quinto e massimo livello. Ma è una minoranza terribilmente cospicua, anche se si maschera bene.

Negli Usa tre anni fa fu uno shock scoprire che i graduate fermi al livello base sono il 14%. Da noi il buco nero si manifesta a tratti, in modo clamoroso, come un mese fa, a Roma, al termine dell'ultimo dei concorsi per l'accesso alla magistratura. Preso d'assalto da 4000 candidati, in gara per 380 posti. Nonostante questo, 58 posti sono rimasti scoperti: 3700 candidati, tutti ovviamente laureati (magari anche più) hanno presentato prove irricevibili sul piano puramente linguistico. "Per pudore vi risparmio le indicibili citazioni", commentò uno dei commissari d'esame, il giudice di corte d'appello Matteo Frasca.

Il campanello d'allarme dovrebbe suonare forte. Non si tratta più di scandalizzarsi (e divertirsi) per gli strafalcioni nozionistici degli studenti.
No, episodi come il concorso di Roma mettono a nudo il grado zero del problema.

Stiamo parlando di chi è senza parole. Di chi dopo cinque (sei, sette...) anni di studio universitario non è riuscito a mettere nella cassetta degli attrezzi le chiavi inglesi del sapere: grammatica, ortografia, vocabolario. Analfabetismo: anche questa parola sembrava scomparsa dal lessico, ma per esaurimento di funzione. Consegnata ai ricordi in bianco e nero del maestro Manzi. Falsa impressione, perché di italiani che non sanno leggere né scrivere se ne contavano ancora, al censimento 2001, quasi ottocentomila. Se aggiungiamo gli italiani senza neanche un pezzo di carta, neppure la licenza elementare, arriviamo a sei milioni, con allarmanti quote di uno su dieci nelle regioni meridionali. Ma almeno sono numeri che scendono. Aggrediti dal lavoro di meritorie istituzioni come l'Unla, capillarmente contrastati dai corsi ministeriali di alfabetizzazione funzionale per adulti dell'Indire (frequentati l'ultimo anno scolastico da 425 mila persone, tra cui, guarda un po', 30.407 laureati, in gran parte, però, stranieri).

Nobilmente contrastato ai livelli più bassi della scala del sapere, però, ecco che l'analfabetismo riappare dove meno te l'aspetti: ai vertici.

Gli studiosi, è vero, preferiscono chiamarlo illetteratismo: non si tratta infatti dell'incapacità brutale di compitare "l'abicì", di decifrare una singola parola; ma della forte difficoltà a comunicare efficacemente e comprensibilmente con gli altri attraverso la scrittura. Ma non è proprio questo l'analfabetismo più minaccioso del terzo millennio?

Nadine Gordimer, per il bene della sua Africa, è di questo analfabetismo relativo che ha più paura: "Saper leggere la scritta di un cartellone pubblicitario e le nuvolette dei fumetti, ma non saper comprendere il lessico di un poema, questa non è alfabetizzazione".

Siamo sicuri che l'Italia di Dante sia messa meglio del Sudafrica? Proprio no. Per niente sicuri. Quanti, del nostro già magro 8,8% di laureati (la media dei paesi Ocse è del 15%), leggono ogni giorno qualcosa di più delle réclame e delle didascalie della tivù? Quanti invece sono prigionieri più o meno consapevoli di quella che Italo Calvino chiamò l'antilingua? Non saper scrivere nasconde il non saper leggere. Sette laureati su cento non leggono mai (e sono quelli che hanno il coraggio di dichiararlo all'Istat: mancano quelli che se ne vergognano). Altri sette leggono solo l'indispensabile per il lavoro: e siamo già vicini al fatidico uno su cinque.

Ma andiamo avanti: uno su tre possiede meno di cento libri, praticamente solo i suoi vecchi testi scolastici. Uno su cinque non ha in casa un'enciclopedia. Quasi nessuno (73 per cento) va in biblioteca, e quando ci va, raramente prende libri in prestito. "Manca il tempo", "sono troppo stanco", le scuse più comuni. Ma ci sono anche quelli che non accampano giustificazioni imbarazzate, anzi rivendicano il loro illetteratismo come atteggiamento moderno e aggiornato: "leggere oggi non serve", "è un medium lento", "preferisco altre forme di comunicazione sociale".

"La società sprintata", come la chiama il pedagogista Franco Frabboni, preside di Scienze della formazione a Bologna, uno degli autori della riforma universitaria, è arrivata negli atenei. E gli atenei la assecondano: "La trasmissione del sapere universitario è regredita dalla scrittura all'oralità", spiega. Nelle aule della nostra istruzione superiore, il grado di padronanza della lingua italiana non è mai messo alla prova. Persino l'arte dell'argomentazione orale, ponte fra i due universi semantici, è svanita, racconta Frabboni: "Professori sempre più incerti fanno lezione con diapositive, seguendo una traccia fissa. Ai laureandi si lascia esporre la tesi con presentazioni Powerpoint. I "test oggettivi" d'ingresso sono crocette su questionari". La competenza linguistica non è considerata un pre-requisito indispensabile: "Devi guadagnarti cinque crediti per la lingua straniera, e cinque per l'informatica, ma non c'è alcun obbligo per quanto riguarda la buona pratica dell'italiano".

Un tacito accordo fissa tetti massimi di lettura ridicoli per i testi d'esame: "Quando un professore assegna più di 150-180 pagine, davanti al mio ufficio c'è la fila di studenti che protestano".

Protestano, e poi si sfracellano contro il muro dell'esame.

Sugli esiti dell'idiosincrasia per la lettura, agenzie private di tutoraggio hanno costruito imperi aziendali, come il Cepu, diecimila studenti l'anno. "Ci chiedono di aiutarli a passare un esame", racconta il responsabile marketing Maurizio Pasquetti, "ma scopriamo quasi sempre che alla radice c'è la difficoltà o la paura di affrontare testi scritti. Escono da scuole superiori abituati a libri di testo ancora simili a quelli delle elementari, con testi spezzettati, già schematizzati, con tante figure e specchietti: di fronte al terribile "libro bianco", fatto solo di pagine di scrittura continua, restano terrorizzati".

"In Francia e Germania gli atenei organizzano gare di ortografia ", sospira il professor Serianni. Da noi è difficile perfino reclutare iscritti per i laboratori di scrittura che alcuni atenei, allarmati, hanno messo a disposizione degli studenti in debito di lingua. Quello di Modena è affidato al professor Gabriele Pallotti: "Di solito comincio da virgole e apostrofi...". Pallotti nel cassetto tiene una cartellina di orrori: email, biglietti affissi alle bacheche, "esito profiquo", "le chiedo una prologa", "attendo subitanea risposta". Ma correggere le asinate non è ancora abbastanza. "Saper annotare correttamente parole sulla carta non è saper scrivere" spiega. "Parlare e scrivere sono due diversi modi di pensare. Troppi ragazzi escono dall'università sapendo solo trascrivere la propria oralità, ovvero un flusso continuo di idee non ordinato e difficilmente comunicabile. Cioè restano mentalmente analfabeti".

Ma se avessero ragione loro? Perché alla fine si scopre che il laureato analfabeta non fa necessariamente più fatica a trovare lavoro rispetto ai suoi quattro colleghi più letterati.
Le imprese non sembrano granché interessate a selezionare i propri quadri dirigenti sulla base delle competenze linguistiche di base. E non perché non si accorgano delle deficienze dei loro nuovi assunti. Parlare con Carlo Iannantuono, responsabile delle risorse umane per la filiale italiana della Sandik, una multinazionale del ramo macchine per cantieri, reduce da una lunga selezione di personale laureato, è come farsi raccontare una serata allo Zelig: "Quello che se potrei, quello che s'è laureato per il rotolo della cuffia (e si vede), quello che glielo dico così, an fasàn (e io: e dü pernìs...)...".
Gli analfabeti conclamati, calcola, sono solo un 3-4 per cento, ma molti altri non sembrano pienamente padroni delle loro parole. E lei li assume lo stesso? "Dipende", si fa serio, "noi cerchiamo bravi venditori. Quello che deve discutere con i dirigenti della Snam è meglio sappia i congiuntivi. A quello che deve convincere un capocantiere della Tav forse serve di più un buon paio di stivali di gomma".

"Non c'è alcuna sanzione sociale verso l'analfabetismo con laurea", commenta con sconforto Tullio De Mauro, il padre degli studi linguistici italiani. Forse perché non si riconoscono immediatamente, si mascherano bene da alfabetizzati. "Fino a cinquant'anni fa l'incompetenza linguistica era palese: otto italiani su dieci usavano ancora il dialetto. Oggi il 95 per cento degli italiani parla italiano. Ma che italiano è? Solo in apparenza parliamo tutti la stessa lingua. Quando si prende in mano una penna, però, carta canta, e le stonature si sentono".

Non è una questione di stile: l'analfabetismo laureato può fare danni concreti. Il paziente che legge sulla sua prescrizione medica "una pillola per tre giorni", alla fine del terzo giorno avrà preso tre pillole o una sola?


"Ci sono guasti immediati come questo. Ci sono guasti a medio e lungo termine, e ben più pericolosi. Chi non legge smette anche di studiare. In Italia solo un venti per cento di quadri segue corsi di aggiornamento: quattro volte meno della media europea. Una classe dirigente male alfabetizzata, quindi non aggiornata, è la rovina di un paese, molto più di un crollo della Borsa". Chi parla male pensa male e vive male: è ormai un aforisma, quella battuta di Nanni Moretti. Se pensa male anche solo un quinto dell'élite dirigente, per De Mauro è un'emergenza nazionale: "Per il futuro economico del nostro paese migliorare l'italiano degli imprenditori, dei professionisti, dei politici, è perfino più vitale e urgente che migliorare i salari dei dipendenti. E non lo prenda come un paradosso".


Tratto da un articolo di Michele Smargiassi

martedì 26 febbraio 2008

Il Dramma Di Gravina

Tutti sappiamo cosa è successo lo scoso giugno 2006 a Gravina Di Puglia, cioè la scomparsa dei piccoli Ciccio e Tore Pappalardi.
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Ieri l'epilogo di questa vicenda, una fine orribile. Dopo la caduta di Michele (13 anni) all'interno di una cisterna, mentre giocava con i suoi amici a pallone nell'atrio di un casolare abbandonato del centro cittadino. Subito è scattata una corsa contro il tempo per salvarlo. Durante le operazioni di soccorso Michele piangeva spaventato e continuava a chiedere aiuto. Poi è stato raggiunto dagli agenti del nucleo alluvioni dei vigili del fuoco, imbragato e tirato fuori. È stato visitato dal medico del 118 che ha diagnosticato la frattura di tutte e due le gambe a causa della caduta. Portato in ambulanza all'ospedale di Altamura, è stato ricoverato in terapia intensiva e sottoposto a un intervento chirurgico perfettamente riuscito.
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Proprio in seguito a questo episodio, la tragica scopereta, il ritrovamento di 2 piccoli corpi mummificati in fondo alla cisterna, è stato subito collegato alla scomparsa dei 2 fratellini di Gravina (che furono visti giocare vicini a questo pozzo)... In serata le prime ipotesi «Abbiamo la sensazione, benchè debba essere confortata con i dati tecnici, che abbiano subito un'orribile morte». Lo ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Bari, Emilio Marzano, uscendo dal luogo in cui sono stati trovati i corpi senza vita di Francesco e Salvatore Pappalardi. Col passare delle ore infatti sembra sempre più verosimile che i due fratellini non sarebbero morti subito dopo la caduta e a seguito di qualsiasi trauma subito: è probabile che siano deceduti a causa del freddo e per fame. Fonti vicine alle indagini sosterrebbero questa tesi «a prescindere dal fatto che i due ragazzini siano caduti o siano stati scaraventati da qualcuno nella cisterna». Le stesse fonti precisano che i corpi sono mummificati, che sulle teste di entrambi (ridotti a scheletri e ricoperti da muffe) non sono state trovate «grosse lesività evidenti». Non è al momento possibile dire - si è saputo da più fonti - se i due ragazzini abbiano fratture agli arti inferiori (compatibili cioè con la caduta) perchè non sono stati spogliati.
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Un lungo applauso dai balconi degli edifici adiacenti al "pozzo" ha salutato le due bare all'uscita dal cortile del vecchio complesso di stabili dove, lunedì pomeriggio sono stati rinvenuti i corpi ormai scomparsi venti mesi fa. I resti di Francesco e Salvatore verranno portati al Policlinico, dove mercoledì mattina, nell'Istituto di medicina legale dell'Università di Bari, la signora Rosa Carlucci, madre dei due fratellini, dovrà fare il riconoscimento ufficiale dei resti.
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Già da alcune ore giravano voci dagli ambienti investigativi in cui si cominciava a delineare l'ipotesi che i due fratellini potessero aver avuto una morte lenta, una morte atroce, peggiore di quella che sarebbe toccata loro se fossero morti a causa della caduta nel pozzo. Da alcuni dati emergerebbe infatti che, per qualche tempo, i bambini possano essere rimasti vivi nella cisterna. I corpi non sono in corrispondenza dell'imboccatura del pozzo, che è larga poco meno di un metro per un metro. Non sono quindi rimasti fermi dopo essere precipitati giù - gettati o caduti - per i 22 metri del cunicolo che dal terrazzo porta alla cisterna sotto l'edificio. I corpi infatti sono entrambi da un lato, a una distanza l'uno dall'altro di una quindicina di metri. I due corpi sono stati trovati rannicchiati, in posizione fetale: Ciccio con le mani tra gambe, Tore con il pollice in bocca, lontani diversi metri uno dall'altro, senza scarpe, con i pantaloni leggermente abbassati, un giubbotto sfilato. È la fotografia scattata dai tecnici dell'ERT nel pozzo dell'orrore. Sarà l'autopsia a stabilire ora e cause della morte, ma già dai sopralluoghi fin qui fatti, che non hanno trovato altri accessi alla cisterna se non quel pozzo, chiuso da una botola, e che posizionano i corpi dei due bambini a diversi metri di distanza dalla verticale, è certo che Ciccio e Tore erano vivi quando sono finiti là sotto e sono sopravvissuti alla caduta almeno il tempo di cercare un'uscita, di soffrire il freddo...di morire di «una morte orribile», come ha sintetizzato il procuratore.
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«Mi sento di escludere categoricamente la caduta accidentale dentro il pozzo dei due bambini» aveva detto in mattinata il questore di Bari, Enzo Speranza.
Il luogo nel quale sono stati trovati i resti dei ragazzini è una cisterna per l'acqua, oggi completamente asciutta, alla quale si accedeva solo attraverso un cunicolo della larghezza di un metro per un metro e della lunghezza di 20-25 metri: l'imboccatura del cunicolo è sul terrazzo, nella parte più alta della casa. La cisterna vera e propria, che serviva alla casa come rifornimento idrico con la raccolta di acqua piovana, si trova a pochi metri sotto il livello stradale ed è una vasca dalle dimensioni parecchio maggiori di quelle del cunicolo di accesso.
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Nel frattempo, migliorano le condizioni di Michele, il ragazzo di 13 anni la cui caduta nella stessa cisterna. Il ragazzino è ricoverato nel reparto di Ortopedia del policlinico di Bari dove è stato trasferito dopo il recupero e operato. Per precauzione è trattenuto nel quartiere operatorio per essere monitorato dalla terapia intensiva. Con l'operazione il ragazzo è stato sottoposto ad una riduzione delle fratture esposte bilaterali del terzo dittale della gamba. Ha anche una frattura del collo del femore destro, una frattura della branca ischio-pubica destra, e fratture amieliche delle vertebre lombari. «Non ci sono organi vitali compromessi. Le condizioni del ragazzo migliorano e si può dire che è quasi fuori pericolo». Il ragazzo dovrà però rimanere in ospedale almeno 90 giorni. Martedì mattina il ragazzino è stato trasferito dal reparto di terapia intensiva di ortopedia a quello di rianimazione. A quanto si è appreso si sarebbe trattato di una decisionme prudenziale dei medici del policlinico di Bari a fronte di un pneumotorace che ha comportato difficoltà respiratorie.

Continuano le indagini per capire quale sia stata la causa della morte, e soprattutto capire se si può parlare di caduta, o ripercorrere la pista precedentemente ritenuta più veritiera, cioè quella di un coinvolgimento del padre dei 2 fratellini (già in carcere da metà novembre 2007), sembra che il "movente" sia stato l'essere disobbedienti nei confronti del genitore.

(Fonte:Il Corriere)

I Nostri Sondaggi!



Il nostro ultimo sondaggio, riportava la seguente domanda: A chi pensi di dare la fiducia?!

L'esito finale è stato questo:

Rifondazione Comunista: voti 10 (37%)
Italia Dei Valori (Di Pietro):
voti 8 (29%)
Partito Democratico:
voti 4 (14%)
Sinistra Democratica: voti 3 (11%)
Casa Delle Libertà: voti 2 (7%)
Ros
a nel Pugno: voti 0 (0%)
UDEUR - Mastella: voti 0 (0%)



Su di un totale di 27 votanti (tantissimissimi :D ), Sinistra 25 voti - Destra 2 voti - Centro 0 voti (ottimo questo bello 0 di Mastella)...


Bhè... naturalmente il nostro blog è letto maggiormente da sinistroidi, quindi si può giustificare questo risultato per questo motivo... Però bhè, sarebbe bello ritrovare queste percentuali anche il 13 aprile... che dite :D!


Grazie a tutti coloro che hanno votato questo sonaggio, e arrivederci al prossimo (appena verrà deciso)

lunedì 25 febbraio 2008

La assenza di Certezza della Pena? Una scusa all'italiana

Spesso sentiamo parlare di pene inadeguate, di delinquenti che la passano liscia e di carceri sovraffollate. L'opinione pubblica, che in una democrazia che si rispetti ha un ruolo principe, non vede di buon occhio il sistema di giustizia italiano, perchè lo ritiene al pari di una sceneggiata napoletana; con i pianti e lamenti strazianti delle madri "Ciroooo! perchè!!!" e autorità inerti, incapaci di rispondere all'offesa e catturare il colpevole. Ma se ci fosse la certezza della pena, un carcere duro, e tutto quello che un italiano medio chiede alla giustizia italiana di garantire, siamo sicuri che sarebbe sufficiente per reintegrare il condannato? Mi fa riflettere l'episodio di qualche giorno fa di Aosta, in cui un professore di scuola Media inferiore, condannato a 2 anni e 3000 euro per pedofilia, scontata la pena, viene inserito nell'ambiente scolastico per la seconda volta, suscitando scalpore, sdegno in tutto il circondario. Persino il presidente della regione Valle d'Aosta ha chiaramente esposto che farà ricorso in appello contro la decisione del giudice di reintegrare il condannato.
L'art 27 della Costituzione prevede che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato." Si denota un chiaro fine della sanzione penale, quello della rieducazione e reintegrazione nella società del condannato. E' un principio inderogabile e inappellabile, a mio giudizio, che deve essere chiaramente accompagnato da un efficace sistema giudiziario. La forte critica alla incompatibilità tra giustizia legale e giustizia sociale è avvertita anche nel mio cuore. Ma non possiamo cadere nell'errore di prediligere la seconda a scapito della prima. Una norma penale è prevista indipendentemente dai sentimenti sociali che aleggiano nel determinato periodo storico, la norma deve essere applicata in relazione al fatto commesso e non perchè la società ha bisogno di colpevoli per stare tranquilla. E' un chiaro rifiuto al giustizialismo che spesso nella storia ha portato a gravi conseguenze, come l'haparteid e l'olocausto. La mia riflessione giunge al termine con questa ultima domanda.. Siamo realmente disposti ad accettare una rieducazione della pena ipotizzando un sistema giudiziario che funzioni? oppure nemmeno questo è davvero sufficiente?

Vi chiedo una ampia discussione sul forum, non inerente al caso specifico della pedofilia, ma inerente al quesito per ultimo posto.

Fonti

sabato 23 febbraio 2008

Torquemada è uno Yankee


Il Waterboarding, così viene chiamato, è una tortura che consiste nel legare la persona interessata supina e innaffiarla sul viso, così da dare la sensazione di morire; si avverte quasi la vicinanza della morte e si genera nella persona un grave disturbo mentale. Così dichiara anche John McCain, candidato repubblicano alle presidenziali, il quale nel Vietnam ha subito per più di 2 anni le peggiori torture orientali. Bene, questo tipo di tortura, è stato recentemente appurato, è fequentemente utilizzato dalla CIA nella prigione di Guantanamo, un luogo che non ha niente a che vedere con gli ideali del sogno americano e della route66, ma che anzi appare come un luogo fuori dal pianeta Terra, in cui non esiste nessun diritto inviolabile che si rispetti. Con questo metodo barbaro gli agenti segreti estorgono dichiarazioni di ogni tipo da islamici in preda al panico, rievocando lo spettro della Santissima Inquisizione di Torquemada. In un certo senso anche oggi, come allora, la pubblica opinione ha bisogno di un capro espiatorio da condannare per tutti i mali, e quando alla tv sentiamo parlare delle torture di Guantanamo tutto sembra non suscitarci grosse preoccupazioni, un po come le streghe di un tempo;digeriamo il malloppo con non molta fatica. In questi giorni si sta parlando di utilizzare quelle confessioni, estorte incivilmente con mezzi barbari, in violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo 1948, come prove valide per un tribunale americano, per legittimare l'uso della pena capitale contro i "presunti terroristi". Dove è finita allora la dignità di un uomo, se i primi promotori della giustizia mondiale compiono gesti di tale brutalità? Peggio ancora, dove sono le critiche degli altri paesi a queste iniziative immorali? Giovanni Pezzulo maresciallo dei carabinieri è morto in una missione umanitaria, per portare a coloro che non ne hanno più, la dignità di vivere come esseri umani. Se nessuna istituzione italiana, europea, mondiale spenderà una parola per questo scellerato gesto, possiamo considerare calpestata la dignità stessa del caduto in Afghanistan e di tutti coloro che lottano per un mondo migliore. E' necessaria una pronta denuncia. Affinchè lo spettro di Torquemada non ritorni ad aleggiare sulle nostre coscienze, magari parlando americano.


venerdì 22 febbraio 2008

"La Crociata" di Ferrara: La storia riproduce i suoi orrori


Giuliano Ferrara, retrograda e ipocrita di professione, ce l' ha fatta:
Brandendo la spada del qualunquismo e del pressappochismo, si appresta a combattere il buon senso e il raziocinio con le armi dell' Ignoranza che da anni affinava in attesa della sua personale resa dei conti contro una società che, a saperlo (diamo soddisfazione alle sue paure!), si sarebbe regolata diversamente.

Ex comunista, nonché ex spia prezzolata della Cia, (Svendeva il suo paese fornendo notizie riservate sul conto del PCI e della situazione interna italiana per alcune decine di migliaia di dollari) , ex forzista Berlusconiano e fautore di iniziative culturali quali "il lancio delle uova a Benigni", ha iniziato un percorso per far approvare una moratoria "contro l' aborto", costituendo pure un partito.




Ferrara, che di figli non ne ha nemmeno uno, auspica infatti l' abolizione su scala possibilmente globale di una delle più grandi conquiste moderne in tema di Diritti: La legge sulla Aborto.

Da uomo intelligente quali "molti" (??) dicono che sia, lo scaltro giornalista de "Il Foglio", credendo che l' abolizione di una legge abolisca consequenzialmente anche il fenomeno, vuole ritornare agli anni 50: Donne povere che si bucano in strada per indursi aborti, che si tagliano e spesso muoiono dissanguate (o, nella migliore delle ipotesi, di setticemia).Dall' altra parte invece, le più facoltose, che alimentano un giro d' affari di aborti clandestini, fatti a peso d oro da ginecologi speculatori.Nella migliore delle ipotesi invece, porteranno capitali all' estero.

Si aumenta il divario Ricchi/poveri, lasciando ai primi Diritti che i secondi non potranno mai permettersi; si aumentano le morti pre e post parto, si aumenta il giro di corruzione in ambito sanitario e, soprattuto, non si risolve un tubo dal punto di vista educativo.

Anzi, si regredisce in una sorta di cultura negazionista, cieca al fatto che, da quando la tra l' altro severissima legge 194 è in vigore, gli aborti sono diminuiti sensibilmente,che preferisce vietare piuttosto che educare, che preferisce nascondere sotto il tappeto piuttosto che risolvere, che preferisce donne morte per strada che Diritti insopportabilmente fastidiosi per gli "ottusi ben pensanti".

Già, gli ottusi ben pensanti.Coloro che si rifanno a sedicenti principi della Religione Cattolica, scordandosi, da ignoranti quali sono, le parole, ad esempio, di Tommaso D'Aquino: "L’ anima entra nel feto dopo un bel po di tempo.Prima è un ammasso organico indegno a ricevere l' anima".

I grossolani e pressappochisti "Timorati di Dio"(sempre di facciata e mai di sostanza) null' altro fanno se non imporre agli altri strumentalmente assiomatici precetti scevri di buon senso, senza il buon gusto di perdere tempo a confrontarsi.

Si, perché questi individui non hanno ahimè neppure la forza delle loro idee.

E' notizia di cronaca fresca fresca il rifiuto del chiacchierone per eccellenza, Giuliano "8.30" Ferrara, a prestarsi ad un faccia a faccia su questo tema con lo storico Marco Pannela.

O mi date la possibilità di fare sermoni dall' alto del mio pulito, o niente.Di contraddittori non se ne parla.

"Io non discuterò della vita umana, come se fosse un'opinione, con alcun candidato in tv". Perché per lui la tv, strumento con cui ha rinciuchito migliaia di Italiani per anni ormai, è diventata tutt' ad un tratto "antiveritativa".
D' altronde Ferrara l'ha "trovata, la verità sulla vita umana, e credo che sia giusto non esporla alla futilità delle opinioni a confronto."

Già, cosa c'è di più sterile di un democratico, cristallino, confronto di Opinioni?Ma non vuole fare il Parlamentare, Sig. Giuliano?

Ma certo, lui adesso è "un crociato" [cosi si auto definisce..Evidentemente, però, un Crociato della sua religione, perché la Chiesa lo ha già buttato nel cassonetto.] , che "combatte l' eugenetica vietando l' aborto".

Con un agilità che non si direbbe, il nostro Ferrara salta da un piano all' altro senza il minimo collegamento logico, riconducendo tutto nell' alveo dell' inammissibile selezione umana dei geni degni di esistere e non.

Approssimando qui, arrotondando li e celando la, assimila l' aborto ad una sedicente "operazione eugenetica", dimenticando che, di per sé, l' aborto non costituisce nessun tipo di selezione o filtraggio della vita umana, ma bensì un drammatico rifiuto del ruolo di Madre che certe donne vogliono o sono costrette ad operare.

Quando mai infatti lo scopo dell' Aborto è stato la selezionare della vita Umana?Non gli è mai passato per l' intestino (suppongo ragioni con quello) che la selezione dei caratteri fisici "idonei" e la rimozione di quelli non graditi si ponga in essere preferenzialmente attraverso un meccanismo di modifica in provetta dell' embrione umano che poi andrà ad esser concepito e, non attraverso l 'eliminazione in toto del feto!!?

Perché non muove piuttosto battaglia alle grandi mercificartici della vita umana (Biotransplant, Amrad, Celera Genomics, l' Italiana Monsanto e tante altre) che, responsabili anche dei molti casi di BioPirateria su scala internazionale, usurpano e brevettano componenti umane e non al fine di sfruttarne gli utili economici derivanti dalla loro possibile commercializazione, riducendo l uomo ad oggetto e non a Soggetto, dimentichi del fatto che l' uomo è e sempre deve essere "fine e non strumento", come diceva Kant, di ogni comunità Umana che sia definibile come tale?


(Vedi il caso "John Moore": Uomo d affari dell' Alaska cui era stata diagnosticata una forma rara di cancro, era stato ricoverato presso la California Universitydi Los Angeles.Il medico curante ed un ricercatore dell'Università avevano scoperto che il tessuto della milza del Moore produceva una proteina del sangue capace di sviluppare globuli bianchi che sono validi agenti anti-cancro.E così, a sua insaputa, furono prelevate dal tessuto della sua milza del materiale genetico utile a creare una sequenza cellulare brevettata dall' Università della California di Los Angeles, e poi commercializzate dalla Sandoz Pharmaceutical Corporation.O ancora il caso "Apelawa", il caso del brevetto del 1995 sulle linee cellulari di abitanti delle isole Salomone e Papua e tanti altri esempi di come la biopirateria costituisca di fatto una nuova forma di colonialismo perpetuata spesso ai danni delle popolazioni "native" dei paesi più poveri, attraverso l' appropiazione e brevettazione delle loro risorse naturali una volta ignorate e, oggi riscoperte alla luce dei nuovi bisogni dei paesi occidentali)


Perché non si scaglia contro il Liberismo promosso dal Wto, primo responsabile della trasformazione dell individuum in res commerciale, della privatizzazione di beni comuni dell' Umanità a favore della riproduzione del Capitale che, come disse Vandana Shiva «dopo aver colonizzato e corroso gli spazi esterni, punta ad impossessarsi degli spazi interni, il corpo delle donne, il patrimonio genetico di piante ed animali.»?


Perché insomma non si aggrega al Fronte dei "Giuristi Imperdonabili", come soleva dire sovente un certo Domenico H. Broussard Corradini, ossia di coloro che si battono per un riconoscimento serio ed effettivo della Bioetica e non si rassegnano allo schema delle asimmetriche storture pro "Lobby del Vivente" del sistema moderno, invece di portare avanti il suo assurdo baraccone Anti Diritti?

Credo che la risposta stia tutta nella sua biografica inclinazione alla prezzolata prostituzione intellettuale.

Come si potrebbe altrimenti ritenere l' Aborto una sorta di strumento bioingegneristico utilizzato al fine di migliorare il patrimonio genetico Umano, quando esso assolutamente non manipola il codice genetico ma evita in toto lo sviluppo di un embrione?
E in ogni caso come si può ascrivere intenti eugenetici a donne (o molto spesso ragazzine!) che certamente (e non solo per condizioni socio culturali) operano scelte simili per tutto meno che portare avanti una sedicente discriminante ed arbitrale selezione del vivente??

Da quando poi si usa il rapporto sessuale e non la provetta per modificare e plasmare artificialmente i connotati del nascituro(azioni tra l altro non perseguibili con l' aborto)?

Andiamo Giuliano, la tua ignoranza è evidente pure agli analfabeti.

Fai di tutta l' erba un fascio per portare avanti una battaglia eziologicamente ingiustificata e teleologicamente assurda.
Combatti gli epifenomeni invece di affrontare la cause e le vere manifestazioni di quello che è un problema molto più complesso e articolato, dimostrandoti in ultima analisi becero ed arrogante.

In ogni caso, per "te" come per tutti vale la locuzione di Voltaire: «Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo».

Certo è che è da considerarsi auspicabile la pulizia del panorama culturale e politico Italiano da certi presspochismi di bassa lega.
In questo senso, è all' istruzione che dobbiamo rivolgerci.

Senza la possibilità di tutti di costruirsi strumenti critici, la Democrazia è solo un illusione: Temibile strumento in mano ai demagoghi per incantare le masse e soggiogarle al contempo alle più strampalate e perverse ideologie.

Per cui studiare, studiare, studiare!

Ps: Aderite alla petizione

mercoledì 20 febbraio 2008

Prove di Große Koalition?

La commissione di Vigilanza ha approvato due emendamenti identici, presentati dal Pd e dal Pdl, che hanno modificato il testo originario del regolamento per la par condicio, facendo si che fino al 10 marzo, nei Tg e nei programmi di approfondimento informativo della Rai, le forze politiche avranno diritto alla parità di trattamento ma non alla parità di accesso.

«C'è una maggioranza trasversale» ha affermato Beltrandi (relatore per questo provvedimento) «che sfregia la par condicio. C'è chi ha interesse a far in modo che i cittadini, in questa campagna elettorale, non possano scegliere liberamente le liste».

martedì 19 febbraio 2008

Le responsabilità della politica



Nonostante avesse già stuprato tre bambine, in carcere c’è rimasto meno di un anno. Tornato in libertà per scadenza dei termini di custodia cautelare aveva solo l’obbligo di firma presso la stazione dei carabinieri. E qui, nel giorno di San Valentino, si è presentato tenendo per mano una bambina di appena quattro anni che, subito dopo aver lasciato la caserma, ha ripetutamente stuprato. Una storia al limite dell’incredibile quella che arriva da Agrigento. Protagonista un pizzaiolo di 45 anni, Vincenzo Iacono, lontano parente della sua ultima vittima che attualmente è ancora ricoverata all’ospedale San Giovanni Di Dio di Agrigento.



I carabinieri lo hanno arrestato il giorno dopo la violenza. La rabbia dei militari era tale che si è temuto che qualcuno volesse utilizzare le maniere forti già al momento della cattura. Davanti alla pizzeria di Iacono si sono infatti presentati oltre cinquanta carabinieri, compreso qualcuno che non era in servizio. Per evitare che la situazione potesse degenerare è dovuto intervenire personalmente il comandante della compagnia di Agrigento colonnello Mario Di Iulio. A sconcertare i militari, che probabilmente sono stati assaliti anche dai sensi di colpa per non essersi insospettiti nel vedere uno stupratore incallito tranquillamente in compagnia di una bambina, sono stati i particolari della violenza. La ginecologa dell’ospedale di Agrigento ha detto che «la bambina porta sul corpo i segni non di molestie ma di una violenza brutale e animalesca». In evidente stato confusionale era stata lei stessa a raccontare ai genitori quel che aveva dovuto subire. «Mi ha fatto tanto male», ha detto in lacrime.



La violenza si sarebbe consumata sull’automobile di Vincenzo Iacono che subito dopo aver firmato il registro dei carabinieri si è appartato in una zona di campagna. Al rientro a casa i genitori hanno capito subito che era successo qualcosa. La bambina era come assente, irrigidita, i pugni serrati e il viso tirato. Per alcuni minuti è rimasta chiusa nel silenzio poi, di fronte alle insistenze della madre, ha cominciato a raccontare ogni minimo particolare. E in ospedale i medici hanno constatato che era tutto vero. Non è escluso che in passato Iacono avesse già abusato della bambina. La madre si fidava di lui che, tra l’altro abita nello stesso stabile.


L’uomo andava a lavorare la sera dunque il resto della giornata restava in casa e si offriva per tenere la bambina. Giovedì le aveva detto: «Perché non mi fai compagnia? Debbo solo passare dai carabinieri e poi facciamo una passeggiata in macchina». La piccola lo aveva seguito senza immaginare a cosa stava andando incontro. Iacono 4 anni fa aveva stuprato tre sorelline di Aragona, una di 11 anni e due gemelle di 8. Anche in quel caso si trattava delle figlie di una coppia che l’uomo frequentava. Arrestato, era rimasto in carcere per meno di un anno, fino al marzo 2005. Scarcerato per scadenza dei termini di custodia cautelare era stato comunque condannato a 6 anni e 4 mesi ma non era tornato in cella perché intanto aveva presentato appello. Si era dunque trasferito ad Agrigento, dove aveva aperto una pizzeria ed era stato abile a non far trapelare nulla del suo passato.



(Alfio Sciacca)


Una giustizia poco funzionante è un vantaggio per gli intoccabili e una gogna per i cittadini.

Dobbiamo ribellarci a questo stato di cose e pretendere che i nostri Diritti siano rispettati e non calpestati.

domenica 17 febbraio 2008

Umile e Giusto


Stamani alle ore 11 nella chiesa della Madonna a Livorno è stata celebrata una messa in onore del dottor Mario Canessa, il quale è stato nominato, il 21 Gennaio 2008, "Giusto tra le nazioni" un titolo asseganto da Israele ai non ebrei che hanno contribuito a salvare gli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Il dottor Mario Canessa, 91 anni, nel 1943 è stato incaricato dal CLN di Tirano (Sondrio) di portare oltre il confine svizzero tutta una serie di persone: ebrei, soprattutto bambini, ma anche prigionieri politici e i ricercati dalla polizia della RSI; il dottor Canessa, poliziotto, allora di stanzia a Tirano, poi divenuto prefetto, compì numerosi viaggi in montagna per portare queste persone in Svizzera, evitandone così la cattura da parte dei nazifascisti, e salvandogli la vita da morte certa.
Il dottor Canessa, a differenza di altri, ha tenuto sempre segreta questa cosa; gli unici a sapere ciò che aveva fatto, oltre ai diretti interessati, erano lui e sua moglie, ora defunta.
Però il segreto è stato svelato, e riportato alla luce della storia, non da lui, ma proprio da una delle persone da lui salvate che, ricoverato a Firenze qualche mese fa, ne ha parlato, per caso, con un rappresentante della comunità ebraica di Livorno, il quale si è messo subito a cercare il dottor Canessa, e dopo aver avuto conferma dei fatti accaduti, ha diramato la notizia: il dottor Canessa il 21 Gennaio 2008 è stato nominato "Giusto tra le nazioni" dallo Yad Vashem, il museo della shoah di Gerusalemme, il quale, oltre ad aver insignito di tale titolo il dottor Canessa, ha scolpito il suo nome accanto a quello degli altri Giusti all'interno del museo, e ha piantato un olivo nel Giardino dei Giusti, con tanto di targa, in perenne memoria del dottor Canessa; egli inoltre, il 27 Gennaio, giorno della memoria, è stato ricevuto dal presidente Napolitano che gli ha conferito la "Medaglia d'oro al valor civile".
Oggi la comunità parrocchiale gli ha reso omaggio, a celebrare la Messa, oltre al parroco, c'erano anche il Vicario generale mons. Paolo Razzauti e il Vescovo emerito di Livorno mons. Alberto Ablondi, il quale ha sempre cercato il dialogo con gli ebrei, i quali lo stimano moltissimo. La diocesi di Livorno, onorerà il dottor Canessa il 22 Maggio, nel giorno di S. Giulia.
Le parole di Mario Canessa oggi sono state per il ricordo del salvataggio di un bambino ebreo, che è stato quello che ha reso pubblica la vicenda, e per i bambini presenti dicendo che devono conoscere la storia affinché non si ripetano certi eventi, che nascono solo dall'odio verso il prossimo. Mons. Ablondi ha invece ricordato che persone come il dottor Canessa sono un dono, e che anche noi dobbiamo farci dono agli altri.

Vicende come queste ci possono dire che non si può dimenticare il passato con i suoi orrori, e non lo si può insabbiare o rivedere come vorrebbero certe persone!

venerdì 15 febbraio 2008

Per non dimenticare...


Nei commenti a questi ultimi post pubblicati ho sempre fatto trapelare un certo pessimismo nel fatto che la situazione italiana potesse cambiare. Già...perchè spero, ma non credo, che le c.d. "nuove generazioni" possano cambiare, anzi rivoluzionare la situazione odierna.

Uno dei motivi è che una buona fetta di "teenager" e "non più tanto teenager" non sa che cosa sia la Resistenza, che cosa siano il 25 aprile o il 2 giugno. Beh...queste due ultime date sono forse tra le più importanti dall'Unità d'Italia ad oggi: la prima, la liberazione dall'occupazione nazifascista, la seconda, il riconoscimento ufficiale della Repubblica Italiana, l'inizio dei lavori per la costruzione di un nuovo bellissimo progetto voluto da tutti i nostri nonni, bis-nonni, ecc...: la Costituzione, che tanti oggi vogliono cambiare in tronco e a loro piacimento.

Queste due date, però, non dobbiamo dimenticare che sono divenute celebri, grazie ad un movimento, che nella sua totalità, vista la sua "ampiezza", non aveva un colore politico, ma che ha portato a tutto quello che abbiamo visto e vediamo tutt'oggi.

La Resistenza permise di liberare l'Italia, con l'apporto delle forze anglo-americane, da un'occupazione violenta e illegittima (anche se parlare di legge in riferimento a quel periodo mi pare un pò forzato...).

Per parlare di questo movimento bisognerebbe scrivere centinaia di pagine. Chiaramente non è possibile, e quindi vi voglio ricordare uno dei momenti più alti di quel periodo, moralmente ed eticamente parlando (ne trascurerò tantissimi altrettanto importanti, ma come detto devo fare una scelta...chiedo scusa...). Non fu in Italia, ma fu sempre un'opera di Resistenza contro forze di occupazione, ad opera di uomini che per prima cosa tenevano a principi sani, oltre all'ordine e alla disciplina.

Mi è venuta voglia di scrivere su questo fatto dopo aver visto la fiction, che è stata prodotta su Raiuno non molto tempo fa, che raccontava la storia di tutta la vicenda con, sullo sfondo, una storia d'amore intrecciata tra ragazze e donne del luogo e membri dell'esercito italiano (bel film di cui consiglio la visione a chi ancora non avesse avuto la possibilità...).

E' la storia dell'Eccidio di Cefalonia.


Riporto a seguito qualche dato sulla vicenda ripreso dall'enciclopedia libera Wikipedia:

"L'eccidio di Cefalonia fu una strage compiuta durante la seconda guerra mondiale sull'isola greca di Cefalonia da reparti dell'esercito tedesco ai danni dei soldati italiani dopo l'8 settembre 1943, data in cui fu reso pubblico l'armistizio firmato con gli anglo-americani. Il presidio italiano all'epoca era formato dalla Divisione Acqui dell'esercito, la più celebre, comandata dal generale Gandin, dalla 2a Compagnia del VII Battaglione Carabinieri Mobilitato più la 27a Sezione Mista Carabinieri, da reparti del I° Battaglione Finanzieri Mobilitato, dai marinai che presidiavano le batterie costiere (una da 152 ed una da 120 mm) ed il locale Comando Marina, dal 110° Btg. Mitraglieri di corpo d'armata, tre ospedali da campo ed altre unità tra le quali il 188° gruppo artiglieria di corpo d'armata (con tre batterie da 155/14) ed il 3° gruppo contraereo da 75/27, per un totale di circa 12.000 uomini".

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa ci facessero le truppe italiane sul luogo. Erano là per presidiare una delle isole più strategiche, Cefalonia appunto, per il controllo del Mediterraneo contro le truppe inglesi, che erano stanziate in Africa. Ai soldati italiani, male armati e poco abituati a combattere, erano affiancati 1800 uomini tedeschi, che avevano attrezzature nettamente migliori ed erano in buona parte criminali comuni che avevano ricevuto una sorta di "perdono" in cambio dell'immediato arruolamento.

Il rapporto rimase buono fino all'8 settembre del 1943, quando fu resa nota la firma dell'arminstizio da parte del generale Badoglio. Inizialmente la reazione fu di stupore e grande gioia per la fine delle ostilità, ma, subito dopo, tutto si tramutò in angoscia quando, nella notte tra l'8 e il 9 settembre, il generale Vecchiarelli (comandante generale delle truppe in territorio greco) affermò che i tedeschi erano diventati improvvisamente nemici delle truppe italiane. Nel giorno seguente affermò, inoltre, che le truppe italiane avrebbero dovuto arrendersi e consegnare le armi. A questo punto il generale Gandin non seppe più come comportarsi e cercò di prendere tempo, ritirò quelle truppe che erano a nord dell'isola.
Il 10 settembre i tedeschi imposero determinate condizioni ai soldati italiani: consegna delle armi nella piazza centrale davanti a tutta la popolazione; quindi tradotto: totale umiliazione per le nostre truppe. Gli italiani non accettarono queste condizioni.

Il giorno seguente i più alti gradi dell'esercito tedesco presente sull'isola si presentarono di fronte al generale Gandin per aver chiaro il futuro atteggiamento italiano. Fu imposto al generale italiano di decidere entro 48 ore se combattere con i tedeschi, contro i tedeschi, oppure consegnare le armi.

Il generale, essendo fortemente indeciso sul da farsi, prese una iniziativa unica nel suo genere in ambito militare: convocò tutte le truppe e chiese a ciascun membro di esprimere il proprio parere sul da farsi. Il 14 settembre fu stabilito il verdetto: "Guerra al Tedesco!!", quasi all'unanimità. Nello stesso giorno arrivò anche l'appoggio da Roma. Nel frattempo i Tedeschi fecero sbarcare ingenti rinforzi sull'isola. Da adesso comincia l'Eccidio di Cefalonia.

In pochi giorni ci furono scontri su tutta l'isola, fino a che ci fu il predominio delle truppe tedesche, che erano meglio organizzate. Il 22 settembre venne issata simbolicamente "bandiera bianca" al comando italiano sull'isola. Tutti i soldati presi prigionieri fino a quel momento vennero fucilati, contro i principi internazionali, per ordine dello stesso Hitler, che considerava gli italiani come traditori. Cominciarono, poi, rastrellamenti e le fucilazioni di moltissimi italiani, tra i quali il generale Gandin, che terminarono solo il 28 settembre dopo giorni terribili di fuoco e fiamme. Infatti quasi tutte le salme, per farne sparire le tracce, vennero bruciate. Uno strazio tremendo che subirono quei pochi sopravvissuti (poco più di 160). Molti di loro vennero deportati nei campi di concentramento, e diversi non ne fecero più ritorno.

Da molti, come anche Ciampi, questo è ricordato come il primo atto di Resistenza di un'Italia libera dal fascismo. Lo scorso anno il Presidente Napolitano ha commemorato il 25 aprile proprio qui nell'isola di Cefalonia. E' stato un atto fortemente simbolico e molto importante, perchè è stata la prima volta che questa festa è stata ricordata al di fuori dei confini nazionali.
Non possiamo dimenticare tutto questo, non possiamo far sì che venga confuso il ruolo di coloro che combatterono per una parte giusta e coloro che combatterono per una parte sbagliata. Coloro che credettero nella possibilità di sconfiggere l'ingiustizia, l'arbitrio, che pagarono con la vita questa loro scelta di posizione. Erano ragazzi più o meno della mia e della vostra età, che tutto avrebbero voluto, probabilmente, che essere fucilati e bruciati per un assurdo ordine di qualche folle che indossava una divisa semplicemente diversa dalla tua. Erano ragazzi più o meno della mia e della vostra età che presero una posizione, decisa e sicura, senza alcun dubbio; presero quella strada ed arrivarono fino in fondo. Proprio come i ragazzi della divisione Acqui di stanza a Cefalonia. E' per ragazzi e persone come loro che io posso andare ancora con qualche convinzione in giro per il mondo a dire con ORGOGLIO di essere italiano, di essere nato in questa terra che ha visto crescere ragazzi e uomini di tale valore. GRAZIE RAGAZZI, SONO ORGOGLIOSO DI ESSERE ITALIANO!!!

E' per tutto questo che in un periodo come quello che stiamo vivendo adesso vi dico che non bisogna dimenticare: non dobbiamo dimenticare gli errori compiuti in passato, ma soprattutto gli esempi di coraggio e lealtà che hanno avuto tanti nostri concittadini, nemmeno poi tanto tempo fa. Vorrei chiudere, per riassumere un pò tutto il mio pensiero con una citazione di Leonardo Sciascia: "Il nostro è un Paese senza memoria e verità, e io per questo cerco di non dimenticare". Frase lapidaria ma ricca di significato, credo...





Vi ho lasciato questi due brevi video...guardateli per cercare di capire e soprattutto cercare di non dimenticare...ciao a tutti.

Fabrizio Del Noce, Partito delle Libertà



Ecco chi è alla guida del servizio Pubblico Telelvisivo Italiano.

Un uomo che, in mezzo alle sue svariate manifestazioni di arguzzia, è stato anche capace di acquistare con soldi pubblici (da Endemol) un format , "I Soliti Ignoti", che era stato in realtà già stato ideato e trasmesso sulle reti Rai negli anni precedenti.

Ciao Pirata...


“Non c’è niente da fare…quando la strada si rizza sotto
i pedali…Pantani è il più forte!”
:
Questo è come Adriano De Zan (commentatore storico del ciclismo e babbo di Davide) amava dire di Pantani... Proprio 4 anni fà, il 14 febbraio, moriva il Pirata... uno dei più grandi ciclisti della storia... Non voglio dilungarmi su tutte le varie faccende di doping e droga nel quale Pantani è stato immischiato... Io sono dell'idea che un campione lo si deve ricordare in positivo, per le grandi vittorie (basti vedere il numero dei primi posti in carriera, soprattutto nel 1998), per le grandi imprese, per il grande carisma dimostrato... è inutile trovare sempre il lato negativo delle persone, perchè in fondo, se ricordassimo solo questo, non ci ricorderemmo di nessuno...


Marco è morto a 34 anni per arresto cardiaco causato da overdose di cocaina... erano momenti bui per il Pirata... le vittorie che non arrivavano, le continue accuse di doping (alcune senza fondamento), le continue accuse di non essere più quello di un tempo... e probabilmente per un campione che aveva basato la sua vita sul ciclismo, sapere di non essere più il "top" secondo alcuni, è stato un colpo basso che ha portato a questo...


Forse tanti non l'hanno apprezzato fino in fondo, perchè magari non seguono o non hanno seguito il ciclismo, ma vi posso assicurare che come scattava lui, se ne vedevano e vedono pochi!

E' inutile cercare parole o frasi per farvi capire che ciclista realmente fosse... Lascio che siano i video a parlare, perchè solo vedendolo in azione si capisce CHI realmente fosse...



Vi lascio alcuni link di video sull'amato Pirata... comunque sia... SEMPRE NEI NOSTRI CUORE

http://it.youtube.com/watch?v=sHydKuk1Wss

http://it.youtube.com/watch?v=ofijQUF8vHQ

http://it.youtube.com/watch?v=VzO0DC3X7cs

http://it.youtube.com/watch?v=RpSrnPrxQoM

http://it.youtube.com/watch?v=2B6hPttoD_I

giovedì 14 febbraio 2008

L’ultima lezione


Forse nessuno di voi ha mai sentito parlare di un certo Unamuno.

Miguel de Unamuno nacque il 29 settembre del 1864 a Bilbao, in Spagna, ma era considerato (e si considerava lui stesso) un basco. Professore e rettore all’Università di Salamanca, fu scrittore di testi teatrali, romanziere, saggista, poeta, ma soprattutto filosofo, nel senso che usava il cervello non solo per dare volume al cranio, ma anche per riflettere sul mondo che lo circondava. Esasperato dal periodo di decadenza cui andava in contro la Spagna negli anni ’20 del novecento, appoggiò l’insurrezione nazionalista che diede avvio alla guerra civile spagnola, nel luglio del 1936, nonostante il suo popolo, i baschi, avesse deciso di rimanere fedele al governo legittimo.

Bastarono pochi mesi a fargli cambiare idea.

Il 12 ottobre 1936, anniversario della scoperta dell’America, l’università di Salamanca organizzò un Festival della Razza Spagnola; nel pubblico erano presenti molti esponenti e sostenitori del movimento nazionalista, compreso un grosso contingente di membri della Falange Espanola, il partito fascista spagnolo.

Fra le personalità sul palco vi era la moglie di Francisco Franco (il generale che aveva assunto il comando del golpe nazionalista), l’arcivescovo di Salamanca, Millàn Astray, fondatore e capo del Tercio (l’equivalente spagnolo della Legione Straniera), e Unamuno. Poco dopo l’inizio della cerimonia il professor Francisco Maldonado, durante un infuocato discorso a favore dell’insurrezione, aveva sferrato un violento attacco al nazionalismo basco e catalano, che definì (sono parole sue) un "cancro della nazione" da curare con "il bisturi del fascismo". Dal pubblico qualcuno lanciò il grido di battaglia del Tercio: "Viva la muerte!"; il generale Atray, che sembrava lo spettro stesso della morte, privo com’ era di un braccio e di un occhio, scattò in piedi a lanciare lo stesso grido, subito acclamato dagli evviva e dai saluti a braccio teso dei falangisti.

Nel silenzio che seguì il frastuono della folla, Unamuno si alzò lentamente in piedi; la sua voce tranquilla fu un impressionante contrasto.

"Tutti voi aspettate le mie parole. Tutti voi mi conoscete e sapete che io non sono capace di tacere. A volte tacere equivale a mentire, perché il silenzio può essere interpretato come un consenso. Voglio commentare il discorso, se così vogliamo chiamarlo, del professor Maldonado. Lasciamo da parte l’insulto personale nell’improvviso scoppio di offese contro baschi e catalani. Io stesso, naturalmente, sono nato a Bilbao. Il vescovo, che gli piaccia o meno, è un catalano di Barcellona. E proprio ora ho sentito un grido necrofilo e insensato, "viva la morte". E io, che ho trascorso la mia vita a formulare paradossi, debbo dirvi, con l’autorità di un esperto, che questo bizzarro paradosso mi ripugna. Il generale Millàn Astray è un invalido. Diciamolo senza sfumature. È un invalido di guerra. Come lo era Cervantes. [l’autore del "Don Chisciotte" aveva perso una mano combattendo a Lepanto, nel 1571]Per sfortuna ci sono troppi invalidi oggi in Spagna. E ben presto ve ne saranno molti di più se Dio non verrà in nostro aiuto. A me fa male pensare che il generale Astray debba dettare il quadro della psicologia di massa. Un invalido cui manca la grandezza di Cervantes è abituato a cercare un sinistro sollievo nel provocare mutilazioni intorno a sé. Al generale Astray piacerebbe creare una Spagna nuova, una creazione negativa a sua immagine e somiglianza; per questo motivo si augura di vedere una Spagna invalida, come ha chiarito senza volerlo"Il generale, quasi travolto dalla sua rabbia inarticolata, scattò in piedi a urlare "Muera la inteligencia! Viva la muerte!"; i falangisti ripresero il grido, e gli ufficiali dell’esercito presenti estrassero le pistole. Pare che la guardia personale di Astray abbia puntato la canna del suo mitra contro la testa di Unamuno, ma tutto ciò non impedì al filosofo di gridare la sua sfida."Questo è il tempio dell’intelletto e io ne sono il gran sacerdote. Siete voi che profanate il suo sacro recinto. Voi vincerete, perché avete più che a sufficienza la forza bruta. Ma voi non convincerete. Perché per persuadere vi occorre ciò che vi manca: la ragione e il diritto nella vostra lotta. Io ritengo futile esortarvi a pensare alla Spagna"

Fece una pausa, con le braccia che gli ricaddero lungo i fianchi; poi a voce bassa, rassegnata:

"Ho finito".

Sembra che la presenza della moglie del generale Franco abbia impedito che Unamuno venisse linciato sul posto;

Il generale comunque decise di farlo fucilare, ma poi non se ne fece di niente, vista la fama internazionale del filosofo e la reazione all’estero provocata dalla morte del poeta Federigo Garcia Lorca, assassinato da membri della falange.
Miguel de Unamuno si spense a Salamanca il 31 dicembre 1936, con il cuore spezzato e bollato come "rosso" e traditore da coloro che considerava amici.

In una nazione, e in una società dove alle persone è chiesto di tacere, siano esse papi, operai di una acciaieria, magistrati "scomodi" o giornalisti, l’ultima lezione di Unamuno non dovrebbe essere dimenticata.

martedì 12 febbraio 2008

Italia, Il potere occulto: Omicidio Moro, Andreotti, caduta del Governo Prodi II


Non perdetevi questa intervista.
Troppi spunti di riflessione per essere riassunti in un articoletto.


***Aggiornamento*** -> Oggi ci sarà una videochat con Giovanni Bianconi su questo stesso tema, con possibilità di inviare proprie domande. Per info http://videochat.corriere.it/

domenica 10 febbraio 2008

Operazione Old Bridge



(Nota:Per leggere in maniera proficua questo articolo sviluppa i link proposti)

Operazione "Old Bridge", ovvero una delle più grosse operazioni Anti Mafia dai tempi della "Pizza Connection", sicuramente la più grande del nuovo millennio (e credetemi, questo millennio si è aperto davvero bene sul piano dell Antimafia.Dalla fine del Governo Berlusconi ad oggi sono capitolate tutte le più importanti "teste di serie" di Cosa Nostra e, durrissimi colpi sono stati infierti anche a Cosa Nuova e Camorra).

Una grande vittoria dello Stato, una confutazione delle teorie degli scetticisti, uno schiaffo ai fatalisti.

La Mafia potrebbe finire domani se si finanziassero di più questi dipartimenti e si puntasse a creare occupazione al sud...Ma la strada è ancora lunga ahimè, ed è tutta in salita.



Tuttavia, Cosa Nostra è decapitata è molte delle sue braccia sono disarticolate.

Con "Old Bridge", che rappresenta solo la prima parte di una più lunga e articolata operazione, è inferto un durissimo colpo alle famiglie "degli scappati", che con la "benedizione di Provenzano", stavano tornando a prendersi tutto ciò che gli apparteneva.


Con un blitz congiunto dall'una e dall'altra parte dell'Oceano, Polizia e Fbi sono entrate in azione e hanno arrestato ben 90 persone, sancendo il definitivo fallimento del "piano degli Inzerillo di riconquistare Palermo. I boss della mafia storica siculo-americana sono stati fermati proprio mentre si stavano riorganizzando.Anche loro stessi avevano intuito che non sarebbero andati molto lontano.


I quattro Boss finiti in manette sono Giovanni Inzerillo Frank Calì Filippo Casamento Gianni Nicchi.


Ci penseranno su due volte prima di ripensare all' Italia come il loro Eden (ebbene si, per i criminali è la nostra la "Terra Promessa").

Perchè?Semplice.

La DIA contrattacca e, come ha detto Franco Inzerillo «Basta essere incriminati per il 416 bis e automaticamente scatta il sequestro dei beni... Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è... Quindi la cosa migliore è quella d’andarsene... ».

E si, per Noi e per voi.
E nessuno vi rimpiangerà.

Per approfondire -> http://www.antimafiaduemila.com/content/view/1856/78/


Ps: Questo Post vuole essere il primo di una lunga serie di interventi sulla Mafia, sulle principali operazioni di questo e dello scorso secolo, su quelle ancora in corso nonchè sugli sturmenti predisposti dallo Stato e non solo per reprimere questa forma di criminalità organizzata.
A breve un intervento sulla confisca dei beni.
Stay tuned!

venerdì 8 febbraio 2008

Maddavvero?! Battforrial?!


Vi riporto qui, l'articolo perso dal sito internet de "Il Corriere della Sera" in modo tale che leggiate la notizia nella sua completezza...
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"Ipotesi sulle scelte del leader del centrodestra in vista del voto

Un «Partito delle libertà» senza UdcVoci su una «svolta» di Berlusconi
Un solo simbolo unirebbe Forza Italia, An e qualche lista minore con l'appoggio esterno della Lega


MILANO - Il Pd da solo da una parte, il «partito delle libertà» da solo, senza Lega e Udc, dall'altra. E' l'ipotesi sempre più accreditata di una svolta possibile anche nel centrodestra che starebbe maturando Silvio Berlusconi in accordo con il leader di An, Gianfranco Fini. Di questa possibilità si dice convinto Giuliano Ferrara nel suo «Otto e mezzo» in confronto con il direttore del Corriere, Paolo Mieli e del Sole 24 Ore, De Bortoli.
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LA RISPOSTA - La riposta alla sfida del Partito Democratico da parte del centrodestra non sarebbe motivata certo soltanto dalla «sfida» veltroniana (il centrodestra è preoccupato dal confronto fra il simbolo unico del centrosinistra e la lenzuolata di partiti e partitini del centrodestra). C'è più di un calcolo dietro questa ipotesi e riguarda il "premio di maggioranza" per il Senato su base regionale, che Fi e An insieme potrebbero raggiungere senza doversi legare a un'alleanza troppo estesa (nel partito delle libertà confluirebbero anche alcune liste minori) e soprattutto senza l'Udc, l'alleato più scomodo dell'ultima legislatura. La mossa del listone Fi-An aprirebbe la strada a una sorta di bipartitismo che modificherebbe il quadro politico nazionale degli ultimi anni.

FINI: «COALIZIONE SEMPLIFICATA» - A questo pare stesse pensando Gianfranco Fini quando ha parlato di una coalizione «il più possibile semplificata»: una lista unica di centrodestra, composta da Forza Italia e An, con l'appoggio esterno della Lega. La lista, della quale si è discusso in via della Scrofa, e che Fini e Berlusconi dovrebbero vagliare meglio in un incontro venerdì a Palazzo Grazioli, non escluderebbe a priori nessuno: anche l'Udc (che pare però al momento non interessata) e i «piccoli» della coalizione potrebbero aderirvi. Lo scopo è quello, appunto, di semplificare il quadro e soprattutto di spuntare l'arma di Walter Veltroni, che punta sul fattore novità presentandosi in corsa solitaria con il Pd.

CESA: CON SUPERLISTA FI-AN, L'UDC CORRE DA SOLA - L'Udc non sembra sia stata coinvolta, almeno finora, in questo progetto, né Pier Ferdinando Casini sembra disponibile a una super-lista che comprenda tutti. Lo chiarisce in serata il segretario del partito Lorenzo Cesa, che avverte: se An e Fi andranno da soli alle elezioni con un'unica lista, anche noi andremo per conto nostro. Berlusconi e Fini potrebbero offrire a Casini un'alleanza come quella ipotizzata per la Lega, ma non è detto che abbiano l'intenzione di farlo.

LA LEGA: «SAREBBE UN ERRORE» - Intanto anche il Carroccio boccia l'ipotesi. Roberto Maroni interpellato in serata risponde: «Non ne so niente. Anzi, non mi risulta. Avendo parlato in questi giorni, in queste ore, con esponenti di Fi, An e Udc, non mi risulta questa ipotesi che circola. In ogni caso, non credo che sarebbe utile per la Cdl» taglia corto il capogruppo lumbard alla Camera.

EVOLUZIONE - Tutto comunque appare in evoluzione. Come le dichiarazioni nella tarda serata di giovedì quando, fonti vicine a Berlusconi, hanno riportato il pensiero del cavaliere secondo cui andare da soli alle elezioni sarebbe soltanto «un grande favore» a Veltroni che Forza Italia non avrebbe intenzione di fare. Ma queste sono indiscrezioni che attendono conferme. Quello che al momento è certo è che venerdì il leader di Forza Italia incontrerà in un faccia a faccia Gianfranco Fini."
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Ora, letto questo articolo, ricordiamoci quello che Ginafrancone disse mesi e mesi fà quando Silvio partorì l'idea del partito unico, il famoso PPdL (Partito Popolare delle Libertà)...
Facciamo un pò come a scuola...
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RIASSUNTO:
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"Non se ne parla proprio" ecco quali sono state le prime parole di Fini a fine novembre, dopo la sparata di Berlusconi sulla creazione di questo nuovo maxipartito...
"Alleanza nazionale, non si scioglie e non confluisce nel nuovo partito di Berlusconi, a cui fa gli auguri e con cui si confronterà in Parlamento e nel paese per mandare a casa Prodi e costruire una alternativa alle sinistre" replica ancora Fini...
(Per leggere l'articolo per intero cliccate qui)
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Potremmo continuare per ore e ore a ricercare le dichiarazioni di questo "grande politico", di questo uomo tutto d'un pezzo, di questo grandissimo estimatore di Mussolini, di questo grandissimo VERME! Poi scusate, Fini leader di AN, rimpastamento del veccio MSI (con note correnti fasciste), parla di CENTRO-destra?! Lui che è esponente di un partito con radici fasciste (estremismo puro di destra) si allea con uno pseudoimpredipolitico di CDX? E allora o le tue idee politiche sono radicalmente cambiate, moderandosi con gli anni, o quello che ti interessa è solo la poltrona... MA CI PRENDI PER SCEMI?! Come al solito finchè le elezioni sono lontane, tutti valorizzano il proprio partito, portano avanti i loro programmini e fanno i compiti a casa, negano alleanze, insomma fanno i grandi davanti al cittadino... Una volta che le elezioni incombono eccoli lì tutti a cercare di acchiapparsi la poltrona, cercare il più forte e farselo compagno di viaggio!
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Nel 2006 il simpatico Mastella, dopo aver negato e negato una possibile alleanza con la sinistra pochi mesi prima delle elezioni, (ricordiamo che era il Ministro del Lavoro uscente), appena i sondaggi dettero in vantaggio il Centrosinistra, si è subito catafiondato con la sinistra per avere la possibilità di sedersi su una di quelle poltrone, e grazie ai suoi ricatti (e al buonismo di noi stupidi di sinistra), si è preso una delle poltrone più belle che esistano, peccato che poi si sia disinteressato dei compiti di Ministro, ma si sia interessato solo al vittimismo iniziando la crisi di governo e portandola a termine (dopo molti studi a tavolino con Silviuccio) con i suoi alleati/mafiosi dell'UDEUR.
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Solito trucchetto del buon vecchio Lamberto Dini, che solo ora è uscito (una volta cascato il Governo) con un "era impensabile una convivenza per noi moderati con questa sinistra estreme"... Ah Lambè, nessuno ti ha obbligato! Anche te sei un gran furbetto che per prendere la poltrona hai fatto il lecchino per poi girare le spalle alla prima opportunità (e lo hai fatto più di una volta!).
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Adesso pare, sottolineo pare, ci sia un'intesa tra Casini, Mastella e Dini per creare un partitone unico di Centro... Anche loro, (mettetelo in bocca a qualsiasi dei 3 e risulterà uno dei tanti discorsi che hanno fatto in passato) "il nostro è un partito con la P maiuscola, non un ritrovo di mercenari pronti ad allearsi con il più forte".
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Quindi si fa sempre più concreta la convinzione che ormai esistono solo mercenari a capo della politica italiana... OH FATEMI CREDERE IL CONTRARIO (chi ci riesce)!!!
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E allora smettete di urlare a noi giovani che ODIAMO LA POLITICA... è vero ODIAMO, ma non di certo la politica, perchè questa non è polita... NOI ODIAMO QUESTO SCHIFO DI MERCENARI!