lunedì 31 marzo 2008

Viva le crisi di Governo!

Da Alice


Un brindisi apolitico salutò probabilmente la fine della legislatura e l'indizione di nuove elezioni.

I calici di 120 tipografi su tutto il territorio nazionale, con la notizia del crollo del governo, si saranno verosimilmente levati alla salute dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

La Zecca di Stato, infatti, senza nessuna gara di appalto ma sulla base di un "criterio di continuità", affida l'incarico di stampare le schede elettorali agli stabilimenti che nel corso degli anni hanno saputo conquistarsi la sua fiducia.

La Poligrafica nazionale fornisce alle tipografie prescelte la carta, con l'incarico di produrre il 30% di schede in più rispetto al numero degli elettori (47 milioni per la Camera e più di 43 milioni per il Senato, escludendo i 2 milioni e mezzo di elettori all'estero e le schede per le amministrative).

Il prezzo della stampa, deciso dalla Commissione tariffe del ministero dell'Economia è stato fissato per quest'anno in 26 euro ogni mille schede, per un esborso complessivo da parte dello Stato che supera i tre milioni e mezzo di euro.

Le "rotative" stanno per mettersi in moto e avviare una produzione che, come prevede la legge dovrebbe partire venti giorni prima della data delle elezioni, sotto l'occhio vigile delle forze dell'ordine che presidiano le fortunate tipografie.

mercoledì 26 marzo 2008

La grande assente


C'è tempo per tutto, nell' odierno teatrino Politico che va in onda regolarmente, 24h su 24, nel nostro paese a reti unificate.

Per tutto meno che per il nostro problema sociale, politico, economico più grande: LA MAFIA.


Ce ne parla Roberto Saviano in questa intervista concessa a Marco Imarisio.

"Roberto Saviano è ancora un ragazzo. E ogni tanto riesce anche a sorridere, con le labbra che si tendono su una faccia sempre più tesa, sempre più pallida. Quando racconta della presentazione di Gomorra ad Helsinki, con lo speaker che lo introduce come «Roberto Soprano», e i finlandesi che sono lì soltanto per via della serie televisiva americana, riesce pure a ridere di «loro». Li chiama così, «loro». I suoi nemici. Come se fosse una questione personale, tra lui e i mafiosi di Casal di Principe che lo hanno costretto ad una vita infame, da animale braccato.
Quella di Saviano è una storia di paradossi. Con il suo libro ha avuto fama, celebrità, il traguardo del milione di copie vendute tagliato in questi giorni. Con il suo libro ha perso il resto, la libertà personale, la possibilità di vedere il mondo con i propri occhi.


«È come se mi sentissi sempre in colpa» sintetizza così il suo stato d'animo, come se qualcuno andasse da sua madre a chiedere «cosa ha fatto tuo figlio?»

Ad un certo punto, Saviano si era anche convinto che in Italia ci fosse qualcuno disposto a condividere la sua ossessione.Da Walter Veltroni alla Sinistra Arcobaleno, passando per il Popolo della Libertà, sponda An, tutti hanno cercato l'autore di Gomorra, blandendolo con la lotta al potere mafioso.

«Ma non è il mio mestiere. Non si può parlare di mafia ad una sola parte politica. È un argomento sul quale non ci si può permettere di essere partigiani. La mia responsabilità è la parola ».

Chi è stato il più insistente?

«Quando Veltroni mi ha chiamato nel suo ufficio al Campidoglio, abbiamo parlato a lungo di mafia e appalti. Mi disse che quello sarebbe stato uno dei primi punti della sua agenda».

Promessa mantenuta?
«Non mi sembra. Ma il Pd è in buona compagnia. Purtroppo, la lotta alla mafia è la grande assente di questa campagna elettorale, a sinistra come a destra».

Altri pretendenti?

«Fausto Bertinotti mi ha fatto arrivare una proposta tramite l'assessore regionale campano Corrado Gabriele. Io ho molto apprezzato il lavoro di Forgione alla commissione antimafia, ma credo che anche la sinistra debba fare outing, e ammettere di non essere stata così rigorosa nell'allontanare gli affaristi collusi con la mafia».

Avanti con l'elenco delle avances.

«Alleanza nazionale mi ha mandato messaggi di apprezzamento. Persino l'Udeur prima che si dissolvesse».

Destra, sinistra, centro.

«Io sono cresciuto in una terra dove Pci e Msi stavano dalla stessa parte, contro la camorra. E vorrei tanto che il centrodestra riprendesse i valori dell'antimafia, quelli che aveva Giorgio Almirante e che avevano ispirato Paolo Borsellino. Li vedo trascurati, nonostante una base che al Sud ha voglia di sentirli affermare».

A sentirla, non sembra che il Pd sia molto più attivo.

«Affatto. Anzi, a Veltroni ho detto che a mio parere anche il centrosinistra ha commesso molti errori in questi anni».

Il più grande?

«L'intellighenzia di sinistra dà sempre per scontato che la mafia stia dal-l'altra parte. Il complesso di superiorità applicato alla criminalità organizzata. Credersi immune dalle infiltrazioni, pensare che questo sia sempre e solo un problema degli altri. Le dico di più: spero che il Pd riesca a non aver paura di perdere le elezioni pur di cambiare. Solo così potrà davvero vincere».

Dove vuole arrivare?
«Spero che non abbia paura di parlare del voto di scambio, di denunciarlo. Fino ad ora non lo ha fatto nessuno. Ed è il voto di scambio che determinerà l'esito delle prossime elezioni. Si vince o si perde nei piccoli paesi, dove il clientelismo è l'unica moneta corrente. Si vincono le elezioni per bollette pagate, cellulari regalati, di questo bisogna parlare. La vera sfida sarebbe quella di non svendere il voto. E alzare la voce, denunciare».

E invece?

«Il grande silenzio. La mafia è la più grande azienda italiana, il suo giro d'affari è il triplo di quello della Fiat. È innaturale che non se ne parli in campagna elettorale. Ma è così. Al massimo qualche cosa simbolica, una celebrazione, qualche commemorazione. Una rimozione bipartisan».

Si è chiesto il perché?

«È un tema pericoloso sul piano della comunicazione. Se qualcuno parla di mafia, molta gente pensa che si stia occupando soltanto di una parte ben circoscritta del Paese, che si interessi di cose ai margini, lontane. Nessuno è riuscito a far passare l'idea che la mafia sia qualcosa che riguarda anche Milano, Parma, Roma, Torino. È tornata ad essere un fatto esotico, lontano, noioso». «Non valete niente».

Era il 23 settembre 2006 quando sfidò i boss di Casal di Principe a casa loro. Lo rifarebbe?
«A vedermi da fuori, come se non fossi stato io, lo rifarei. Ma sarei falso se non dicessi che con quel gesto ho distrutto la mia vita. Mi è diventato impossibile vedere il mondo, confrontarmi con altre persone, poter sbagliare. Sono diventato un simbolo, ma in cambio ho perso tutto».

Quando ha scritto Gomorra, cosa si aspettava?

«Confesso l'ambizione. Volevo fare un libro che davvero cambiasse le cose. All'inizio, la camorra lo ignorò. I miei problemi cominciarono verso le centomila copie. La gente pensa che io sono come Salman Rushdie, colpito da una fatwa della camorra. Ma non è così. Lui rischia per quel che scrive, io perché mi leggono. Non è Saviano ad essere pericoloso, ma Gomorra e i suoi lettori».

Il disinteresse della politica rende più difficile la sua situazione?

«Acuisce la solitudine, questo sì. Gomorra ha fatto sì che la letteratura diventasse un problema per la mafia. Parlarne è un modo per fermarli. Perché la politica non fa lo stesso? È come se questo paese non accettasse di essere raccontato così. Ma è il silenzio che ci distrugge».

Se pensa al suo futuro, cosa immagina?

«Spero di riavere la mia libertà, un giorno. Come un ragazzino, immagino di aprire la porta e poter camminare in strada, da solo. Ma è solo un sogno».

E la realtà?

«Me la faranno pagare. Troveranno un modo per colpirmi. Prima con la diffamazione, diranno che è tutto falso, l'operazione di un ragazzotto assetato di visibilità. Poi chissà. È l'unica certezza che ho».

lunedì 24 marzo 2008

Aggiungi un posto a tavola, che c'è un pregiudicato in più


Che sia fascista, lo dice pure lui. E sarebbe pure una cosa grave, se non fosse per la fedina penale, che è molto più nera della camicia nera. Giuseppe Ciarrapico in arte Ciarra, stando al casellario giudiziario, vanta una collezione di condanne, arresti, rinvii a giudizio, prescrizioni e processi in corso da non temere rivali. Le condanne definitive, confermate dalla Cassazione, sono quattro, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta alla ricettazione fallimentare, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla truffa pluriaggravata, ma potrebbero presto aumentare: in primo grado, il camerata pregiudicato è stato di recente condannato per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni in una delle sue cliniche. Insomma il Cavaliere è stato di parola. Aveva promesso di non candidare “supposti autori di reati”: infatti candida quelli sicuri.

La carriera penale del futuro senatore del Popolo della Libertà Provvisoria inizia nel 1973, quando la Corte di Appello di Roma conferma la sentenza del Tribunale di Cassino e lo condanna per truffa aggravata e continuata ai danni di Inps, Inail e Inam per non aver registrato sui libri paga gli stipendi dei dipendenti. La Cassazione conferma la truffa, ne dichiara prescritta una parte e incarica la Corte d’appello di rideterminare la pena per l’altra. Nel 1974 altra condanna: il pretore di Cassino gli infligge una multa di 623.500 lire per aver violato per quattro volte la legge che tutela “il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti”, sentenza poi confermata in Cassazione. Poca roba, rispetto a quel che verrà con Tangentopoli e anche dopo. Nel marzo ’93 viene arrestato dal gip Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, per lo scandalo Italsanità dal quale verrà poi assolto (condannato però il figlio): la Cassazione stabilisce che la signora Vespa l’ha incarcerato su elementi insussistenti. Aprile ’93: Di Pietro lo fa di nuovo arrestare per una stecca di 250 milioni di lire versata al segretario del Psdi Antonio Cariglia su richiesta di Andreotti. “Era vero, li diedi per arruolare Domenico Modugno alle feste dei socialdemocratici”, dirà lui anni dopo. Passa un mese e torna dentro, stavolta per un presunto miliardo alla Dc andreottiana nello scandalo delle Poste. A giugno, condanna in primo grado a 6 mesi per diffamazione: aveva affisso a Fiuggi un manifesto in cui dava a un consigliere comunale del “mentitore diffamatore mestatore”. Nel 1997 la Procura di Roma lo fa rinviare a giudizio per peculato, abuso e falso nella sua attività di re delle acque minerali: secondo il pm Maria Cordova, mentre era custode giudiziario dell’Ente Fiuggi, Ciarrapico omise di versare 20 miliardi al Comune e si appropriò di somme di denaro per spese pubblicitarie, interessi passivi e acquisto di beni capitalizzati, rinnovando il contratto di vendita dell’acqua Fiuggi a una sua società che offriva prezzi inferiori rispetto a un’altra (danneggiando il Comune, che percepiva un tot a bottiglia). Nel 1995 viene condannato con rito abbreviato per falso in bilancio delle Terme Bognanco. Ma questi processi finiscono in nulla. Nel 1998, però, arriva la prima mazzata: condanna in Cassazione a 4 anni e 6 mesi per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano. La sua “Fideico”, nel 1982, aveva ottenuto dalla Banca di Roberto Calvi e della P2 un improvviso aumento della linea di credito da 4 a 39 miliardi, restituendo solo le briciole. Nel 1999, il kappaò: altra condanna definitiva a 3 anni per il crac da 70 miliardi della società che controllava la “Casina Valadier”, il palazzetto liberty romano trasformato in ristorante. Ma il Ciarra, pur dovendo scontare 7 anni e mezzo, non finisce in carcere: grazie all’età e agli acciacchi, ottiene l’affidamento ai servizi sociali.

Intanto i processi avanzano, con qualche botta di fortuna. Nel ’99, condannato in appello per emissione di assegni, il nostro eroe è assolto in Cassazione perchè il reato è stato appena depenalizzato. Nel 2000 cade in prescrizione la condanna in primo grado per violazione della legge sulle assunzioni obbligatorie di invalidi. Nel 2001, condanna in primo grado a Perugia per abuso d’ufficio insieme al giudice fallimentare di Frosinone che nel ’93 regalò l’amministrazione controllata alla sua capogruppo “Italfin 80” in crisi nera, evitandogli il crac: reato poi estinto per prescrizione. Intanto lui s’è dato alle cliniche private. E anche in quel ramo riesce a dare lavoro alla Giustizia. Nel 2002 il Tribunale di Roma lo condanna a 1 anno e 8 mesi per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni: insieme ad alcuni dirigenti della “Quisisana”, avrebbe imposto a una cinquantina di pazienti sottoposti a trasfusioni parcelle gonfiate per 3-400 mila lire l’una. E nel 2005 è rinviato a giudizio per ricettazione nella vecchia vicenda delle tangenti al ministero delle Poste.

Ma ci sono pure questioni recentissime, come quella che lo investe per la sua ultima vocazione: editore di giornali locali, undici “cocoperative” tra la Ciociaria e il Molise, finanziati dallo Stato. Del novembre 2007, il Ciarra è indagato a Roma per truffa ai danni di Palazzo Chigi: pare che tra il 2002 e il 2005 abbia incassato il doppio dei contributi dovuti, attestando falsamente che le società “Editoriale Ciociaria Oggi” e “Nuova Editoriale Oggi” hanno una gestione separata. In attesa di sapere come stanno le cose, il Gip gli ha sequestrato i 2,5 milioni che stavano arrivando dalla Presidenza del Consiglio. Ma ieri Berlusconi ha detto di averlo candidato per avere finalmente qualche giornale amico: tra qualche mese, se tutto va bene, Fedina Nera a Palazzo Chigi potrà entrare quando gli pare.

Marco Travaglio

sabato 22 marzo 2008

BUONA PASQUA!!!



Quelli che il Macchi
augurano a tutti gli internauti una
Buona Pasqua!

venerdì 21 marzo 2008

mercoledì 19 marzo 2008

Di Pietro in VC su Corriere.it; Discutiamone!



Per noi indecisi "di necessità", una buona occasione per dibattere.

Chi ci assicura che nelle vostre liste non compaia un altro De Gregorio? Franz da Milano

«In totale sono 122 i parlamentari che sono andati da una parte all'altra. Ma ricordatevi una cosa. Gesù Cristo ogni dodici ne cannava uno: Giuda. Io, che sono un povero Cristo, nel caso di De Gregorio posso dire di aver sbagliato. Ma questa volta le liste dell'Idv sono aperte a segmenti della società civile. Qualche caso: tutti parlano di lotta alla mafia, ma mentre qualcuno candida gente che mangia i cannoli per festeggiare una condanna, noi abbiamo candidato la baronessa Cordopatri, una che si è rifiutata di pagare il pizzo, e per questo davanti a lei hanno ammazzato il fratello: lei si è salvata perché si è inceppata la pistola. Per sostenere la battaglia sulla corretta informazione abbiamo candidato Beppe Giulietti, espressione diretta - attraverso Articolo 21 - di questa esigenza. Tutti parlano di difesa dei consumatori: noi abbiamo candidato Elio Lannutti, presidente dell'Adusbef. Ah, abbiamo candidato anche un giovane "nero nero", una novità assoluta. Cosa significa? Significa che la lotta alla criminalità clandestina deve essere dura, senza però perdere di vista l'importanza dell'immigrazione: è immigrato anche Bill Gates. Il nostro candidato è un ragazzo del Congo, Jean Léonard Touadi: cinque lauree, 33 anni, assessore alle politiche giovanili del Comune di Roma, professore universitario: l'ho candidato al primo posto, nel Lazio. Sarà il primo nero in Parlamento, ma con le mani bianche bianche. Pulite pulite.

Smembramento: avanti così, Mediaset va smembrata.... Luigi, Torino

«Lo dico a suocera per far capire a nuora. Fanno bene Berlusconi e i suoi amici a preoccuparsi. Se noi dell'Idv stiamo in Parlamento, su temi come il conflitto di interessi e la legge sulle telecomunicazioni tutti i giorni gli soffieremo sulle orecchie. Ma non perché ce l'abbiamo con Berlusconi. In uno stato di diritto, però, le regole e le leggi vanno rispettate da tutti. Che la legge sulle telecomunicazioni italiana sia illegittima lo dice la Corte Costituzionale italiana, lo dice la Corte di Giustizia europea che ha condannato lo Stato italiano perché non ha adeguato la sua legislazione alle direttive europee. E aggiunge che se non lo farà, pagherà 400 mila euro al giorno. Sai quante infrastrutture ci fai, con quei soldi? Questa cosa voglio ripeterla non solo all'avversario del Pdl, ma anche all'amico Veltroni: non possiamo far finta che il tema del conflitto di interessi e quello delle telecomunicazioni non ci sia per fare una campagna elettorale soft! Sono temi di cui bisogna occuparsi nei primi 100 giorni, perché ce lo ordina l'Europa. Se volete che questi temi siano affrontati in Parlamento, il voto all'Idv è una garanzia di continuità, non di oblio».

Dietro la sua decisione di frenare su Mediaset c’è la paura dei poteri forti? Karlo da Vercelli

«La rete a Mediaset va tolta perché lo dice la Corte di Giustizia europea. Fino ad oggi Mediaset ha giocato con le istituzioni facendo o facendosi fare delle leggi per non ottemperare a questo ordine. È un comportamento che risale ai tempi di Craxi. Una volta Craxi tornò addirittura da Londra per fare un decreto ad hoc. Conflitto di interessi: ci sono situazioni che inceppano la espressione democratica e lo stato di diritto in un Paese. L'Idv vuole che questi temi siano affrontanti dal Parlamento, non che vengano raggirati. Per questo votare noi o il Pd non è la stessa cosa: è votare la stessa coalizione, è votare lo stesso candidato leader, è votare lo stesso programma ma soprattutto è votare qualcuno che quando va in Parlamento fa sul serio. Quando c'era l'indulto, io stavo fuori con il megafono in mano a dire: «State attenti, state facendo una stupidaggine». Altro esempio. Stamattina il giudice di Milano ha disposto di proseguire per il processo per la vicenda Abu Omar. È una vita che io sollecito il governo su questo punto. E oggi il giudice ha deciso di proseguire anche contro la volontà del governo. Su alcuni temi non si è né di destra, né di sinistra: si è dalla parte della legge. Conflitto di interessi nei primi 100 giorni? S'ha da fare! Soffieremo anche a Veltroni...

Oramai mi sembra irrisolvibile la questione del conflitto di interessi, poiché da sondaggi (che mi sono pervenuti da vie traverse) il 60% dei parlamentari sarebbero in conflitto di interessi essendo titolari di azioni o partecipazioni nelle maggiori attività italiane. Cosa propone?

«Il tema è molto radicale, non riguarda solo Berlusconi. Il problema sta soprattutto quando si prendono decisioni di tipo governativo, ma non v'è dubbio che ci sono decisioni anche di tipo legislativo. Faccio un esempio: quando un giudice chiede di intercettare, di perquisire o di arrestare un parlamentare, non lo può fare direttamente ma deve chiedere l'autorizzazione alla Camera. Riflettete bene: se un giudice scopre che un parlamentare ha un bel conto all'estero (a proposito, lo sapete che ci sono tre o quattro candidati con i conti in Liechtenstein?) potrebbe avere l'esigenza di procedere con una intercettazione, o una perquisizione. Se si tratta di un cittadino normale lo può fare, se si tratta di un parlamentare deve andare in Parlamento per chiedere il permesso. Il Parlamento deve votare, ma tra le persone che votano c'è anche la persona coinvolta. Quando io sono stato indagato, la prima cosa che ho fatto è stata quella di correre per farmi processare. Ovviamente è una cosa che si fa se uno è innocente. Sennò vai in Parlamento e ti fai una legge per non farti processare...

Perché non preparate un manifesto con i nomi dei politici condannati presenti nelle liste elettorali del Senato e della Camera dei Deputati con le relative condanne inflitte? Mario Bertini Bellinzago Lomb. Mi

«Lo stiamo facendo. È un'operazione complessa. Stiamo raccogliendo tutti i dati, li stiamo analizzando e stiamo facendo uno specchietto con nomi, cognomi e relative condanne. Lo metteremo sulla Rete, sul blog www.antoniodipietro.it. Per mettere i manifesti ci vogliono un paio di milioni di euro. Bisogna chiedere a Berlusconi...».

Il primo impegno in caso di vittoria? Lorenzo, Milano (il moderatore aggiunge: il primo impegno da ipotetico ministro della Giustizia?)

«Alle scorse elezioni, stavano parlando due signori, ed io ero in mezzo. Un signore dice: ma perché Di Pietro non ha fatto il ministro della Giustizia? Risponde l'altro: perché magari poi funzionava pure. Al di là della battuta, il ministro della Giustizia che c'era discuteva di massimi sistemi. Se io fossi ministro della Giustizia farei 5 cose, che si possono fare in un quarto d'ora: aumento del 30% delle risorse finanziarie a favore del comparto sicurezza (polizia, carabinieri e guardia di finanza), con contestuale riduzione del finanziamento pubblico ai partiti e ai giornali di partito che ammonta a centinaia di milioni di euro l'anno. Quest'anno il 20% del finanziamento pubblico grazie al nostro emendamento lo abbiamo tolto ai partiti e destinato all'edilizia carceraria e pubblica. Ma voi lo sapete che le forze dell'ordine non hanno i soldi per la benzina? Mio figlio è un poliziotto, da quando si è sposato è ingrassato. Ma il pantalone glielo cambiano ogni 3 anni. Sapete che significa? Che il poliziotto non può correre dietro al ladro perché gli si rompono i pantaloni. Questi paradossi vanno detti. Seconda proposta: aumento del 30% del personale para-giudiziario. Ogni giorno il 60% dei processi viene rinviato o va a monte perché mancano i cancellieri, i messi notificatori, i segretari d'udienza. Dove si prende questo personale? Basta spostare il personale che sta in tutti quegli enti inutili che devono essere tolti di mezzo. Gli esuberi di Alitalia da mettere in cassa integrazione? Ma mandateli a fare gli assistenti nelle aule di giustizia! Terza proposta: la riqualificazione del personale di polizia. Attualmente il 25%-30% del personale di polizia, carabinieri e Gdf fa scorte, timbri sui passaporti, attività amministrative: no, va mandato in mezzo alla strada, a correre dietro i delinquenti. Poi ci sono due proposte un po' più sostanziose: tre gradi di giudizio? Succede solo in Italia. Con il processo accusatorio, ne bastano due, con eliminazione dell'appello. E bisogna abrogare la ex Cirielli che accorcia i tempi della prescrizione: questa legge ad personam che Berlusconi si è fatto fare perché gli faceva comodo (come a qualcuno del centrosinistra) va tolta di mezzo. Il nostro impegno è fare in modo che una volta che il giudice decide il rinvio a giudizio, il processo termina con la sentenza, si interrompe la prescrizione. Così finisce questa commedia di chiedere continuamente il rinvio. Gli avvocati del 2000 sono particolari: si dice "processo rinviato mezzo salvato". Lo scopo principale degli avvocati ormai è quello di arrivare alla prescrizione. Io credo che chi è innocente deve essere assolto subito, chi è colpevole deve essere condannato subito, e chi è condannato deve andare in galere; e a tal proposito il giudice dovrebbe poter disporre l'anticipazione di pena in caso di un fatto grave e prove accertate. Prendete il caso del pirata della strada di Roma: il giudice mica è matto, che gli ha dato i domiciliari. È la legge che lo prevede. Se invece fosse prevista l'esecuzione anticipata della pena in attesa del processo per direttissima, vedi poi quello come guida piano. Mica perché sono io giustizialista. All'estero funziona così».

Se sarà eletto e dovesse rifare il ministro, rifarebbe ancora quella cosa per me inconcepibile di autosospendersi da ministro e manifestare contro il governo per poi rientrare al governo? Se si con quale logica istituzionale e di buon senso può giustificare un simile comportamento? Francesco- Padova

«La questione è la seguente: non il governo, ma in Parlamento alcuni partiti avevano deciso di fare l'indulto, e altri di non farlo. Io non mi sono messo contro il governo. Io da cittadino contestavo l'indulto deciso dal Parlamento, provvedimento voluto da maggioranza e opposizione. Ricordo chi non lo voleva: Lega, An e Italia dei Valori. Tutti gli altri hanno detto sì. Io per poter manifestare da cittadino la mia contrarietà, non potevo farlo da ministro. Per questo mi sono autosospeso. Se un giorno non condividessi un provvedimento del governo, mi dimetterei».

Egregio Dott. Di Pietro, ritengo che il suo partito sia l'unica vera alternativa per salvare il nostro paese dal baratro e le chiedo,essendo questo un tema che mi sta particolarmente a cuore, cosa intendete fare riguardo alle coppie di fatto? Riuscirete a superare lo scoglio della Chiesa cattolica? Marco Foligno(Pg)

«Ho molto rispetto per la Chiesa cattolica, pensate che da ragazzino ho fatto il seminarista. Ma ho capito una cosa per esperienza diretta e per le esperienze dei miei familiari: io credo nella Chiesa delle persone che vanno a fare solidarietà, di chi si occupa dei disperati; credo molto meno nella Chiesa dei porporati che predicano bene e razzolano male. Questa Chiesa che dice "votate i partiti che difendono questi diritti" senza vedere quali sono le persone dietro quei partiti. Basti pensare a tutti quei politici che difendono la famiglia naturale e il matrimonio, e poi di famiglie ne hanno quattro o cinque. E a proposito della Chiesa, vogliamo parlare degli scandali sulla pedofilia? Quando ricevo un messaggio e una parola che viene dal vangelo, cerco di farlo mio e se sbaglio mi pento; ma non posso accettare che la Chiesa sostituisca lo Stato laico. In Parlamento difenderò i diritti di tutti: se due persone si vogliono bene, che cosa interessa a me se sono omosessuali, eterosessuali o transgender?».

Sono uno di quei tanti indecisi, cosa propone il Partito di Di Pietro per la famiglia? Come si fa a convivere con i radicali? Francesco Brescia

«Io ho lavorato con la Bonino al governo: è una persona come me. A volte mi ha convinto, a volte no. Qualcuno di loro (i radicali, ndr) viene dalla luna, ha fatto bene Veltroni a mettere paletti ben chiari. E comunque, noi dell'Idv ci presentiamo col nostro simbolo, loro no. Gli accordi se li vede Veltroni. Ci tengo a dire che l'Idv ha un suo simbolo, che si vede sul mio blog o sul sito www.italiadeivalori.it. Il voto all'Idv non è un voto contro, votare Idv significa sostenere Veltroni premier ma scegliere anche la specificità di chi non molla. Qualcuno diceva: resistere, resistere, resistere. Ora più che mai...»


È favorevole al nucleare? Edoardo, Pe
«Oggi credo sia inutile: ci sono tante altre possibilità di creare energia. A cominciare dalle biomasse e arrivando alla solare e all'eolica».

Lei ha ancora fiducia negli italiani? Anche se gli si dimostra chiaramente che un politico ha rubato questi continuano a votarlo. Cosa si può fare per smuovere la coscienza di un popolo? Nicola da Vigevano

«Questo me lo sono chiesto anche io. Io credo che il motivo sia la disinformazione. Per questo noi lavoriamo per la creazione di una informazione indipendente, in modo che il cittadino sappia esattamente come stanno le cose e quindi giudicare. Oggi come oggi non venite informati. Per voi Ciarrapico è solo un fascista che ha detto quel che ha detto del fascismo. Per me è anche un pluricondannato che stava ai servizi sociali, a sette anni di carcere, e che adesso se ne va in Parlamento. Capisci a me!!!»


a cura di Germano Antonucci

lunedì 17 marzo 2008

Cosa è la Giustizia


Vi assicuro che è tempo ben speso.
Potrei dirvi "Soddisfatti o rimborsati", ma vedrete che, dopo, sarete voi a volermi rimborsare per il tempo (e denaro) speso per portare alla vostra conoscenza questo inestimabile tesoro di semplicità ed immediatezza.


Ciò che è dovuto a ciascuno

Quando dite che è giusto dare a ciascuno ciò che gli è dovuto, avete una buona definizione del giusto, eppure sono sicuro che vedete subito dove stanno le difficoltà. Cosa, effettivamente, è dovuto a ciascuno? Ci arriviamo subito, ma anzitutto parliamo di una prima difficoltà, forse più difficile da cogliere. Dare a ciascuno ciò che gli è dovuto significa in primo luogo far coesistere due principi dietro il termine “ciascuno”: un principio di uguaglianza, anzitutto (“ciascuno” è considerato esattamente come tutti gli altri), e un principio di differenza proprio di ciascuna persona, perché ciò che è dovuto a Nicole forse non è ciò che è dovuto a Saïd, e ciò che è dovuto a Gaël non è necessariamente ciò che è dovuto a Jonathan. Ci sono dunque due principi: uguaglianza e differenza.
Se siete d’accordo, proporrò di dire uguaglianza e singolarità. La singolarità è ciò che è proprio di ciascuno in quanto egli è un essere singolare, in quanto egli è unico.


Uguaglianza e singolarità sono inseparabili nell’idea di giustizia e, al tempo stesso, possono entrare, se non in contraddizione, forse, quanto meno in conflitto.

Questo ci insegna una prima cosa importantissima: il giusto e l’ingiusto si decidono sempre nel rapporto con gli altri. Nel giusto e nell’ingiusto, si tratta degli altri e di me, ma sempre di me in rapporto agli altri. Deve essermi reso ciò che mi è dovuto così come deve essere reso agli altri ciò che è dovuto loro. Ciò significa che non può mai esservi giustizia per uno solo: non avrebbe alcun senso. La giustizia esiste, dunque, solo in rapporto all’altro. Ecco perché farsi giustizia da sé non ha alcun senso. Tuttavia è certamente vero che ciascuno di noi, nella propria singolarità, ha diritto a un riconoscimento assolutamente particolare. Non sarebbe giusto, per esempio, decidere che tutti devono avere i capelli rossi e obbligare tutti a tingerseli. Al contrario, le sfumature singolari dei capelli fanno parte (anche se ne costituiscono soltanto un’infima parte) di ciò che ciascuno è, singolarmente.

Ma allora – seconda parte della definizione – che cosa è dovuto a ciascuno? In questa sede non ci porremo nemmeno il problema di sapere come dare o rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto. Possiamo però distinguere facilmente alcuni elementi di ciò che è dovuto a ciascuno: ognuno ha il diritto di vivere, e quindi deve avere i mezzi per vivere, per nutrirsi o per proteggersi dalle intemperie; ognuno ha il diritto di essere istruito, dunque è giusto che ogni bambino possa andare a scuola. So bene che alcuni di voi in questo momento stanno pensando: “Non è poi tanto sicuro che questo sia giusto”. Eppure, la scuola per tutti rientra nell’ambito della giustizia, perché non avere istruzione e cultura significa non poter sviluppare tutte le proprie possibilità, come uomo o come donna, nella vita. Inoltre, certamente, ognuno ha diritto alla salute, e dunque a poter essere curato, e ognuno ha questo diritto anche quando un destino che si potrebbe chiamare, forse, ingiusto, lo ha fatto nascere con un handicap. È giusto, allora, poter fruire di particolari cure, potersi servire di una sedia a rotelle, avere accessi per portatori di handicap, ecc. È giusto che tutto questo sia previsto dalla legge. Oggi, la legge impone che, sui mezzi di trasporto e nei locali pubblici, vi siano accessi per le sedie a rotelle dei portatori di handicap. Potremmo continuare a lungo questa discussione su quel che è giusto e quel che deve essere riconosciuto come giusto da tutti in una data società, in materia di educazione, di alloggi, di salute, di salario, di condizioni di lavoro e di vita, perché vi sono molte cose che sappiamo bene che sono giuste.
Se avessimo il tempo di farla, questa discussione ci riporterebbe alla legge. È per questo che la legge cambia e si evolve, perché ci si rende conto che c’è questa o quella esigenza di giustizia a cui, sino a quel momento, non si prestava attenzione, o che prima non era abbastanza evidente. Questo ci ricondurrebbe dunque, di nuovo, alla legge e a tutto ciò che sarà sempre da cambiare, da riformare, da adattare. Ora, noi sappiamo che fumare è una pessima cosa per la salute e per la gestione di quella che si chiama la sanità pubblica, per via delle cure che devono essere fornite a tutte le persone che soffrono di cancro o di malattie polmonari provocate dal tabacco. Per questa ragione, è necessario che la legge si evolva. La legge non cambia tutti i giorni, ma vi sono sempre buone ragioni per progettare di trasformarla o per emanarne di nuove, perché la società diventi più giusta.


Dobbiamo però notare subito che non riusciremo mai a dire interamente, integralmente, esattamente cosa è dovuto a ciascuno in particolare. Come si può riassumere ciò che è dovuto a ciascuno di noi in quanto ognuno è una persona unica, in quanto è Nicole o Saïd o Gaël o Brahim? In un certo senso, si potrebbe dire che occorre unicamente che ciascuno sia riconosciuto nella sua singolarità. È una lista infinita: quando potrò aver finito di essere giusto verso Nicole o Saïd? Quando potrò aver finito di riconoscerlo o di riconoscerla, non soltanto come un amico o un’amica o come qualcuno interessante perché può prestarmi la sua playstation o aiutarmi in matematica, ma di riconoscere lui, veramente? Ponendo questo interrogativo, vediamo aprirsi la divaricazione più completa tra il giusto morale e il giusto nel senso dell’esattezza, l’aggiustamento.

Non vi è alcun aggiustamento possibile di questa giustizia. Si potrebbe dire, se volete, che la giustizia è inevitabilmente senza esattezza o senza aggiustamento. Beninteso, posso comprare dei vestiti per Nicole o per Saïd, ma è meglio che li compri della loro taglia e che stiano loro “giusti”.
Sì, questo può farvi ridere, ma se compro un paio di jeans della mia taglia per uno di voi, avrà uno strano aspetto.
I vestiti, dunque, devono essere “aggiustati” sino al termine della crescita. Ma che cosa dovrà essere aggiustato se ci si interessa all’aspetto estetico dei vestiti? Qual è il più giusto? Un paio di jeans blu, neri o grigi? Ovviamente, non è possibile dirlo.


Certo, ci sono cose molto più importanti dei vestiti, c’è ciò di cui ciascuno ha voglia, ciò che a ciascuno piace, ciò che ciascuno sogna. Ma ci sono anche questioni per le quali non siamo necessariamente giusti con noi stessi. Penso al bambino diabetico di cui parlavo prima; tutti noi, o almeno molti di noi, hanno voglia di dolci, ma è pericoloso mangiare dolci quando si è diabetici. Analogamente, spesso avete pochissima voglia di fare i compiti, eppure è necessario.

Ma pensateci da soli adesso, potete andare ancora e sempre oltre, non vi è modo di chiudere la lista di ciò che è veramente dovuto a ciascuno.



Jean-Luc Nancy



Ci insegna Jean-Luc che la Giustizia non è giusta ed è giusto che sia cosi.

Il significato di questa frase (faccio mie le ben calibrate parole di "Equilibrismi" ), in apparenza sbalorditiva si spiega attraverso il diverso uso e concetto dietro alla parola giusto: “come equità e come esattezza”.

La giustizia non è, non può essere esatta in modo definitivo perchè, mutando i bisogni di ciascuno di noi, volti costantemente a migliorare la nostra condizione umana, materiale e spirituale, il concetto di soddisfacimento di questi bisogni in modo equo deve essere costantemente “aggiustato”, ridefinito.


La giustizia quindi è e deve essere in continua evoluzione in modo tale da potersi sempre tener fede ai principi di uguaglianza in base al quale tutti gli uomini sono uguali e il principio / la necessità di differenza e singolarità che caratterizza ognuno di noi in quanto individui singoli speciali e unici (qui, a tutti i Giuristi, verrà in mente quel famoso principio di "Ragionevolezza").

La vera saggezza non è sapere di essere giusti o esserne convinti (al contrario questo può essere deleterio e pericoloso) e ritenere di non doversi migliorare per esserlo di più bensi riconoscere che la giustizia si fa solo in rapporto con gli altri e che essa non è mai abbastanza.

Riuscire a fare proprio questo concetto significa già cominciare a essere giusti.

sabato 15 marzo 2008

Maxiprocesso, questo sconosciuto

Grazie all' informazione Italiana, sappiamo tutto suglla battona che si è portato a letto Sptizer e NIENTE sul secondo maxi processo italiano, il più grande (“è un maxiprocesso che per estensione, qualità e intensità criminale ed economica, non ha eguali”) degli ultimi anni (che, ricordiamolo, mette sotto accusa quella che, con novanta miliardi di fatturato annuo, è la prima "azienda" italiana):


SPARTACUS



Attualmente suddiviso in varie tranche, il processo spartacus I è quello "conclusosi" più di recente e di origine più risalente.

La sentenza in primo grado si è avuta nel 2005, ben 10 anni dopo il primo blitz.

I numeri sono eloquenti: Oltre 115 persone processate, 21 gli ergastoli, oltre 750 anni di galera inflitti.
I documenti della D.I.A. delineano il quadro con maggiore precisione:

"L’operazione - avviata nel 1993 con lo scopo di aggredire i clan camorristici dominanti nella provincia di Caserta ed, in particolare, quello dei casalesi - ha consentito l'emissione di oltre 300 ordinanze di custodia cautelare in carcere nonché il sequestro e la confisca di beni per migliaia di miliardi di lire. Si è proceduto al sequestro di 199 fabbricati, 52 terreni, 14 società, 12 autovetture e 3 imbarcazioni per un valore complessivo di 354 miliardi di lire. Inoltre sono stati sequestrati beni mobili ed immobili, frutto di attività illecite, per un valore complessivo di circa 400 miliardi di lire. Tra gli arrestati figurano uomini politici, appartenenti alle Forze di Polizia, nonché imprenditori campani."

Dopo un’ora di lettura della sentenza (3200 pagine ) si è posto fine ad un processo lungo e sofferto che ha visto sfilare oltre 500 testimoni, per un totale di quasi 730 udienze.

Fino all’ultimo ci sono stati tentativi per fermare questo processo, soprattutto quello grave e indecente di appellarsi alla legge Cirami (legge varata dal governo Berlusconi) da parte di tutti i boss alla sbarra.

Ecco a che cosa porta la sconsideratezza della politica svolta nei salotti romani che difende gli interessi di pochi, e non quelli di tutti i cittadini italiani. Possiamo mai incolpare i capo clan anche del fatto che si appellano ad una legge dello Stato Italiano? No, non credo proprio.

Forse, una volta tanto bisognerebbe condannare chi le propone certe leggi. Anche per questo si è voluto un profondo silenzio della stampa italiana.

Immaginate cosa sarebbe successo se il Corriere della Sera o Repubblica avessero titolato “ Riina si appella alla Cirami?”.

Ma al posto di Riina (nome famoso ormai) si sarebbe dovuto scrivere Schiavone o Bidognetti, ma chi sono se la stampa non sensibilizza l’opinione pubblica?

Spartacus I è stato anche il processo dei migliaia e migliaia di proiettili sparati nel corso di molti anni, di persone scomparse e di violenze feroci e inaudite. Di sangue sparso a quintali per le campagne e le strade dell’assolato Sud. Di cervelli e ossa spappolati sotto i colpi di mazze e martelli. Di minacce e intimidazioni a pentiti, collaboratori e testimoni. Di barbarie medievale negli anni 2000. Si parla molto nel mondo e in Italia di notizie censurate. Forse la camorra rientra in una di queste.

Ma proprio nessuno in qualche redazione dei grandi giornali nazionali ha un moto di sdegno per il proprio silenzio?

Evidentemente no.Esso è totale e colpevole.

Nel processo Spartacus, il più grande processo di mafia degli ultimi 15 anni, che il giorno della sua sentenza non ha ricevuto attenzione sulla stampa nazionale, la camorra tenta in appello di veder decadere i suoi 21 ergastoli. Ma sarebbe gravissimo se si lasciasse al suo destino uno dei pochissimi tentativi fatti in questa terra per ostacolare i ras del cemento criminale.

I collegi difensivi dei clan, l'enorme esercito di avvocati che hanno a disposizione le varie famiglie camorristiche - Schiavone, Bidognetti, Zagaria, Iovine, Martinelli - vogliono soprattutto silenzio, minimizzazione, vogliono che lo sguardo vada altrove. Vogliono spingere l'interesse nazionale a vedere queste vicende come scarti di periferia, aiutati spesso dalla nausea di una classe intellettuale distante da questi meccanismi e da una classe politica che quando non ne è invischiata non ne riesce più a comprendere le dinamiche.

Addirittura ora ora i boss del clan casalesi, puntando il dito contro una giornalista del Mattino, il pm antimafia Raffaele Cantone e «contestando» alcuni passaggi del bestseller Gomorra di Roberto Saviano definendolo «prezzolato pseudogiornalista», chiedono addirittura di spostare il processo a loro carico - il superprocesso Spartacus - in altro distretto giudiziario, per «legittima suspicione» ossia per «carenza di libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo» (si osa sollevare cioè il sospetto che, nei loro confronti, vi sia un'azione premeditata di condizionamento dei giudici, dovuta anche a niente popò di meno che al libro di Roberto Saviano, Gomorra «L'intervento di Roberto Saviano sul silenzio legato alla sentenza Spartacus (nelle pagine di Gomorra, ndr) non può non turbare gli animi dei giudici definiti dal prezzolato pseudogiornalista come degli inetti, incapaci, insensibili alla sete di giustizia della collettività»)


E' anche per questro che nei prossimi mesi non bisognerà togliere lo sguardo dall'appello del processo Spartacus.
I boss non hanno condanne definitive, la Cassazione annulla tanti ergastoli. É fondamentale che non si dissolva l'attenzione nazionale (É interessante ascoltare le intercettazioni dei capizona, degli imprenditori dei clan anche per capire come per loro sia fondamentale che l'interesse nazionale sia attirato dalla guerra in Iraq, dai Dico e più d'ogni altra cosa dal terrorismo di ogni matrice), che si segua l'odore del cemento, perché cemento, rifiuti, trasporti, supermercati smettano di essere i serbatoi del riciclaggio e dell'investimento principe dei clan. Altrimenti sarà troppo tardi. Non ci sarà più confine di differenza, posto che ce ne sia ancora alcuno tra economica legale ed illegale.
Temo che possa accadere che ogni parola che racconti queste dinamiche diventi muta, incomprensibile, come proveniente da un mondo che si crede distante; che ogni inchiesta giudiziaria divenga semplicemente un affare tra giudici, avvocati ed incriminati da sbrigare nel tempo più lungo possibile e nello spazio d'attenzione più ristretto e dove persino i morti ammazzati divengono un male fisiologico; qualcosa che non può che andar così.

Temo possa accadere che le parole che raccontano tutto ciò diventino incomprensibili.

Si rischia, per dirla con Elie Wiesel, di scrivere "non per comunicare ciò che è accaduto ma per mostrarvi ciò di cui non saprete mai".

I NOMI E LE PENE DEI CONDANNATI




A breve: Spartacus I, Spartacus II e gli affari dei Boss nel centro nord

venerdì 14 marzo 2008

Basta!!

Dopo la nostra dignità, dopo i nostri soldi, dopo i nostri beni, vuole anche il nostro stipendio!

Ps: Qualcuno dovrebbe ricordare al giornalista che i titoli nobiliari in italia sono stati aboliti ben 60 anni fa!

mercoledì 12 marzo 2008

Principi/valori


Non si parla mai tanto di valori, quanto nei tempi di cinismo. Questo, a mio parere, è uno di quelli. Le discussioni e i conflitti sulle questioni che si dicono “eticamente sensibili” (come se le questioni, non gli esseri umani, fossero sensibili) sono un´ostentazione di valori. Tanto più perentoriamente li si mette in campo, tanto più ci si sente moralmente a posto.

Che cosa sono i valori? Li si confronti con i principi. Principi e valori si usano, per lo più, indifferentemente, mentre sono cose profondamente diverse. Possono riguardare gli stessi beni: la pace, la vita, la salute, la sicurezza, la libertà, il benessere, eccetera, ma cambia il modo di porsi di fronte a questi beni. Mettendoli a confronto, possiamo cercare di comprendere i rispettivi concetti e, da questo confronto, possiamo renderci conto che essi corrispondono a due atteggiamenti morali diversi, addirittura, sotto certi aspetti, opposti.Il valore, nella sfera morale, è qualcosa che deve valere, cioè un bene finale che chiede di essere realizzato attraverso attività a ciò orientate. E un fine, che contiene l´autorizzazione a qualunque azione, in quanto funzionale al suo raggiungimento. In breve, vale il motto: il fine giustifica i mezzi. Tra l´inizio e la conclusione dell´agire “per valori” può esserci di tutto, perché il valore copre di sé, legittimandola, qualsiasi azione che sia motivata dal fine di farlo valere. Il più nobile dei valori può giustificare la più ignobile delle azioni: la pace può giustificare la guerra; la libertà, gli stermini di massa; la vita, la morte, eccetera.

Perciò, chi molto sbandiera i valori, spesso è un imbroglione.

La massima dell´etica dei valori, infatti, è: agisci come ti pare, in vista del valore che affermi. Che poi il fine sia raggiunto, e quale prezzo, è un´altra questione e, comunque, la si potrà esaminare solo a cose fatte.Se, ad esempio, una guerra preventiva promuove pace, e non alimenta altra guerra, lo si potrà stabilire solo ex post. I valori, infine sono “tirannici”, cioè contengono una propensione totalitaria che annulla ogni ragione contraria. Anzi, i valori stessi si combattono reciprocamente, fino a che uno e uno solo prevale su tutti gli altri. In caso di concorrenza tra più valori, uno di essi dovrà sconfiggere gli altri poiché ogni valore, dovendo valere, non ammetterà di essere limitato o condizionato da altri. Le limitazioni e i condizionamenti sono un almeno parziale tradimento del valore limitato o condizionato. Per questo, si è parlato di “tirannia dei valori” e, ancora per questo, chi integralmente si ispira all´etica del valore è spesso un intollerante, un dogmatico.

Il principio, invece, è qualcosa che deve principiare, cioè un bene iniziale che chiede di realizzarsi attraverso attività che prendono da esso avvio e si sviluppano di conseguenza. Il principio, a differenza del valore che autorizza ogni cosa, è normativo rispetto all´azione. La massima dell´etica dei principi è: agisci in ogni situazione particolare in modo che nella tua azione si trovi il riflesso del principio. Per usare un´immagine: il principio è come un blocco di ghiaccio che, a contatto con le circostanze della vita, si spezza in molti frammenti, in ciascuno dei quali si trova la stessa sostanza del blocco originario. Tra il principio e l´azione c´è un vincolo di coerenza (non di efficacia, come nel valore) che rende la seconda prevedibile. Infine, i principi non contengono una necessaria propensione totalitaria perché, quando occorre, quando cioè una stessa questione ne coinvolge più d´uno, essi possono combinarsi in maniera tale che ci sia un posto per tutti.

I principi, si dice, possono bilanciarsi.

Chi agisce “per principi” si trova nella condizione di colui che è sospinto da forze morali che gli stanno alle spalle e queste forze, spesso, sono più d´una. Ciascuno di noi aderisce, in quanto principi, alla libertà ma anche alla giustizia, alla democrazia ma anche all´autorità, alla clemenza e alla pietà ma anche alla fermezza nei confronti dei delinquenti: principi in sé opposti, ma che si prestano a combinazioni e devono combinarsi. Chi si ispira all´etica dei principi sa di dover essere tollerante e aperto alla ricerca non della giustizia assoluta, ma della giustizia possibile, quella giustizia che spesso è solo la minimizzazione delle ingiustizie.Passando ora da queste premesse in generale alle loro conseguenze circa il modo di legiferare sulle questioni “eticamente sensibili” di cui si diceva all´inizio, avvicinandoci così alle discussioni odierne sul tema dell´aborto, qui prese a esempio (ma ci si potrebbe riferire anche ad altro, come l´eutanasia, la fecondazione assistita, ecc.), si può stabilire un´altra differenza a seconda che si adotti l´etica dei valori o quella dei principi. Nel primo caso (il caso del valore), saranno appaganti le norme giuridiche che proteggono in assoluto il bene assunto come valore prevalente, e inappaganti le norme giuridiche che danno rilievo, cercando di conciliarli relativizzandoli l´uno rispetto all´altro, a beni diversi. Possiamo parlare, per gli uni, di assolutismo etico-giuridico; per i secondi, di pluralismo (non certo, evidentemente, di relativismo etico, equivalente a indifferenza morale).
Nell´assolutismo, si trovano a casa propria tanto coloro che parlano dell´aborto, né più né meno, come di un assassinio (oggi si dice “feticidio”), quanto coloro che ne parlano come diritto incondizionato.

Assassinio e diritto sono due modi per dire il riconoscimento assoluto, come valori, della vita o della libertà.

I primi, in nome del valore prevalente della vita del concepito, si disinteressano di tutto il resto: la salute e la vita stessa della donna, messa in pericolo dagli aborti illegali e clandestini; i secondi, in nome dell´autodeterminazione della donna come valore prevalente, si disinteressano della sorte del concepito.


Costoro, pur su fronti avversi, si muovono sullo stesso terreno e possono farsi la guerra. Ma, tutti, si troveranno insieme, alleati contro coloro che, ragionando diversamente, non accettano il loro assolutismo.

Questo ragionar diversamente, cioè ragionar per principi, è certo assai più difficile, ma è ciò che la Costituzione impone di fare: la Costituzione, ciò che ci siamo dati nel momento in cui eravamo sobri, a valere per i momenti in cui siamo sbronzi.

Orbene, la Costituzione, attraverso l´interpretazione della Corte costituzionale, dice che nella questione dell´aborto ci sono due aspetti rilevanti, due esigenze di tutela, due principi: l´uno, a favore del concepito la cui situazione giuridica è da collocarsi, “con le particolari caratteristiche sue proprie”, tra i diritti inviolabili della persona umana, il diritto alla vita; l´altro, a favore dei diritti alla vita e alla salute, fisica e psichica, della madre, che può essere anch´essa “soggetto debole”.

Quando entrambe le posizioni siano in pericolo, occorre operare in modo di salvaguardare sia la vita e la salute della madre, sia la vita del concepito, quando ciò sia possibile.

Quando non è possibile, cioè quando i due diritti entrano in collisione, deve prevalere la salvaguardia della vita e della salute della donna, “che è già persona”, rispetto al diritto alla vita del concepito, “che persona non è ancora”.

Dunque: si parla di diritti della donna e del concepito, ma non si parla mai di aborto come (dicono i giuristi) “diritto potestativo” della donna, né, al contrario, di dovere di condurre a termine la gravidanza.

Ci si deve districare tra le difficoltà e non ci sono soluzioni a un solo lato.

Non interessa, ora, se la legge 194 bene abbia svolto il suo compito. Interessa il modo di ragionare e di porsi di fronte a questo “problema grave”, un modo non intollerante, carico di tutte le possibili preoccupazioni morali, aperto alla considerazione di tutti i principi coinvolti. Se nel dibattito pubblico, si usano quelli che si sono detti “esangui fantasmi in lotta per diventare i tiranni unici delle coscienze”, cioè i valori, la legge che ne verrà sarà solo sopraffazione.C´è poi un altro aspetto della distinzione valore-principi, importante per il legislatore. Il ragionare per valori è compatibile, anzi esige leggi tassative: tutto o niente, bianco o nero, lecito o illecito, vietato o permesso. Il ragionar per principi spesso induce la legge a fermarsi prima, rinunciare alle regole generali e astratte e a rimettere la decisione ultima alla decisione responsabile di chi opera nel caso concreto. Prendiamo la discussione odierna circa la sorte degli “immaturi”, i nati diverse settimane prima del tempo, portatori di deficienze nello sviluppo di organi e funzioni destinate a pesare più o meno pesantemente sull´esistenza futura, sempre che ci sia.

C´è un qualunque legislatore che possa ragionevolmente imporre una regola assoluta circa il che fare?

Per esempio, la rianimazione sempre e a ogni costo, senza considerare nient´altro? Solo la cieca assunzione della vita come valore assoluto, della vita come mera materia vivente, potrebbe giustificarla. Ma sarebbe, in molti casi, un arbitrio. Ogni caso è diverso dall´altro e i rigidi automatismi legali, quando si tratta di principi da far valere in situazioni morali di conflitto, si trasformano in sopraffazione.

C´è un dialogo classico tra Alcibiade e Pericle, riferito da Senofonte, che ci fa pensare. Il discepolo chiede al maestro, semplicemente: che cosa è la legge? Pericle risponde: ciò che l´assemblea ha deciso e messo per iscritto. Anche la sopraffazione, decisa e messa per iscritto? No, questa non sarebbe legge. È legge solo quella che riesce a “persuadere” tutti quanti, il resto è solo violenza in forma legale.

Chi professa valori assoluti non si propone di persuadere ma di imporre.

Chi ragiona per principi può sperare, districandosi nella difficoltà delle situazioni complicate, di essere persuasivo; naturalmente a condizione che si sia ragionevoli, non fanatici.


lunedì 10 marzo 2008

Comparison


U.S.A.

Il governatore dello stato di New York Elliot Spitzer - si legge sul Corriere - inflessibile ex procuratore contro Wall Street e i colletti bianchi, è inciampato in un giro di prostituzione. Il tutto venuto alla luce a cuasa di intercettazioni.
Il governatore, un democratico, è sposato e ha tre figli.
In una dichiarazione pubblica ha detto di «scusarsi con la mia famiglia e con l'opinione pubblica» per i propri comportamenti, poco dopo la diffusione delle notizie sul suo coinvolgimento nell'«affaire». Spitzer ha parlato per pochi secondi, non ha accettato domande e non ha fatto alcun accenno ai motivi delle sue scuse, se non dicendo di aver «agito in un modo che viola i miei obblighi verso la mia famiglia».

Secondo Fox News, il governatore sarebbe pronto a lasciare l'incarico.

Italia

«Non sapevo che lei fosse una squillo, non ho visto cocaina e neppure l'altra ragazza, subito dopo mi sono addormentato» dice Cosimo Mele, il deputato Udc inquisito per cessione di droga [cocaina] e omissione di soccorso (dal resoconto delle due donne che si trovavano con il deputato al momento dei fatti e da quello di altri testimoni sentiti sulla vicenda [Tra questi c' è sono anche il personale dell'hotel Flora e dell'ospedale San Giacomo, dove la donna era stata trasportata] si apprende che Mele non si sarebbe affatto adoperato per soccorrere la donna che si era sentita male in seguito a un cocktail di alcol e droga).

Cesa tiene a sottolineare il «problema» dei parlamentari che vivono a Roma da fuori sede, «e fuori dalla loro città hanno una vita abbastanza dura». Lo dice riferendosi anche alla sua vita pubblica: «Quando ero eurodeputato, stavo da solo tutta la settimana e la solitudine è una cosa molto seria». Per questo, ripete più volte, «la vita del parlamentare è molto dura» e bisognerebbe pensare, propone, all'ipotesi di un ricongiungimento familiare: più soldi a deputati e senatori, quindi, per poter permettere il trasferimento delle loro famiglie a Roma.


MCR in tour



Da mercoledì 13 marzo parte il tour 2008 dei Modena City Ramblers.
Unica data toscana è proprio quella d'apertura a Firenze.


Maggiori info su http://www.ramblers.it/

domenica 9 marzo 2008

... Senza Parole...

Vergognati lurido NANO

Ecco perchè la nostra politica fa schifo, ecco perchè la politica non viene seguita più da nessuno, ecco perchè all'estero ci prendono a pesci in faccia e ridono di noi, sostanzialmente... ECCO PERCHE' CI PRENDONO PER IL CULO, ANCORA UN GRAZIE SILVIO (vi prego di leggere il link)!

venerdì 7 marzo 2008

Fantomatica Legge 626


In questi ultimi mesi (o anche anni) siamo stati catapultati in un'Italia piena delle cosìdette morti bianche. Chiariamo una cosa BASILARE: non è solo negli ultimi 2 anni che abbiamo i morti sul lavoro, questi morti ci sono sempre stati, solo che per un "esigenza mediatica" a volte queste notizie venivano bistrattate per altre che in quel momento "tiravano" di più.

Perchè è questo quello che succede, che credete?! Guardate la malasanità. Stessa identica cosa! Fino a pochi anni fa, agli occhi del cittadino, sembrava che andasse tutto bene, niente pinze lasciate dentro la nostra cassa toracica, niente carotidi recise in una banale operazione per l'asportazione delle tonsille, niente black out durante operazioni a cuore aperto e così via.

Allora sfatiamo il mito! La malasanità, i morti sul lavoro, il bullismo nelle scuole, ci sono sempre sempre sempre stati! Solo che adesso i media si sono fossilizzati sulla malasanità, sui morti sul lavoro, e per quanto riguarda il bullismo, i ragazzini hanno tutti i cellulari che fanno i filmati, si filmano, STUDIO APERTO lì trova su internet e li manda in onda.

Comunque torniamo alle morti bianche... qualche giorno fa, 5 operai sono morti dopo aver lavato dei camion contenti zolfo, non mi dilungo sulle procedure di pulizia di questi camion, vi dico soltanto che essendo lo zolfo ormai solidificato sulle pareti della cisterna, la CORRETTA procedura di pulizia, è l'utilizzo di scalpelli per rompere le "pareti di zolfo" e l'utilizzo di semplice acqua per pulire il pavimento e far scolare lo zolfo fuori dalla cisterna. Dai primi accertamenti sembra che questi operai, per finire il 5° camion della giornata, non abbiano seguito la procedura esatta, ed abbiano usato acidi per rendere più veloce le operazioni di pulizia. Inoltre, l'obbligo dell'utilizzo degli autorespiratori non è stato rispettato, per questo si parla di TRAGEDIA EVITABILE!

Ogni giorno sentiamo rintoccare queste parole, TRAGEDIA EVITABILE se si fossero seguite le misure di prevenzione CORRETTE! Ma queste misure di prevenzione e di SICUREZZA, sono seguite sempre meno. Basti pensare all'utilizzo degli operai del famoso caschetto giallo. Quanti di voi vedono operai lavorare su di impalcature senza l'apposito casco, senza l'uso di scarpe da lavoro? Bhè possiamo affermare che coloro che usano le giuste misure di sicurezza sono nettamente la minoranza. Soffermiamoci su quale può essere il motivo per cui queste misure non vengono rispettate. Mancanza dei controlli? Mancanza di amore verso noi stessi? Considerarsi potenti? Vivere sulla convinzione che le disgrazie capitano sempre agli altri?

Una risposta non la potremmo mai trovare, ma purtroppo i morti continuano ad aumentare, dal 1997 al 2006 i morti sono stati più di 14000 (senza contare il numero critico degli infortuni non mortali), circa 1300 i morti del 2006, più di 1000 morti lo scorso anno, più di 70 in questi primi 70 giorni... decisamente troppi. Naturalmente su questi numeri, una certa percentuale può essere attribuita alla pericolosità del lavoro, alla fatalità dell'evento, insomma alla "sfiga", ma la maggior parte e sottolineo la MAGGIOR PARTE sono dovuti alla mancanza del rispetto delle norme di sicurezza! La legge 626 parla molto chiaro (per chi volesse leggere il testo intero clicchi qui).
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Misure di sicurezza scritte in 100inaia di pagine di legge, ma che nessuno rispetta, di cui molti se ne fregano. Operai in primis, datori di lavoro in secundis, ma senza scordare quell'occhio che spesso viene chiuso da coloro che DOVREBBERO controllare!
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Aggiornamento degli ultimi minuti: un operaio a Massa Carrara è stato licenziato perchè aveva denunciato mancanza di sicurezza nel cantiere in cui lavorava...
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Ecco perchè la sicurezza scarseggia, perchè ogni ONESTO che non vuole perdere la vita lavorando e denuncia le irregolarità, viene ignorato (quando va bene) o altrimenti licenziato, SOLO PERCHè DICE LA VERITà... e lo sappiamo LA VERITà FA MALE!

Promesse Da Marinaio!



Ora che ci siamo pregustati questo video del lontano 2001, gustiamoci un pò questo "nuovo contratto" con gli italiani, (è ancora una bozza) sempre sulla solita scrivania di mogano del buon vecchio lecchino di Bruno Vespa. Come avete visto, nel primo contratto ci ha promesso che se il suo governo non avesse realizzato 4 dei 5 punti prestabiliti, non si sarebbe ricandidato... Pinocchio a quest'uomo gli fa un se... storia! Perchè naturalmente i punti non sono stati assolutamente rispettati.

Per fare un esempio, i cantieri di cui parla nel 5° punto, sono stati aperti, ma assolutamente inoperativi! Quindi insomma, il nostro amico Beca in uno dei suoi ultimi post (vi consiglio assolutamente di andarlo a vedere qui) c'aveva azzeccato in pieno con l'accostamento (non che non si sapesse) tra Pinocchio, il bambino bugiardo al quale cresceva il naso per ogni bugia detta, e Berlusconi, il nano bugiardo che ogni anno al posto del naso gli si allungano i capelli! O_O!

Comunque ecco a voi la bozza del contratto 2008.



Quindi capito?! Lui combatterà l'evasione, cercherà di abbassare le tasse, perchè così anche lui potrà pagare di meno, visto CHE è COLUI CHE PAGA PIù TASSE SIA COME SINGOLO SIA COME AZIENDE!

Non ci mancherai!

giovedì 6 marzo 2008

Un altro "PDLino" nel Club?


Chiesti due anni e nove mesi dai pm Maurizio Romanelli e Eugenio Fusco nei confronti dell' ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia, per concorso in corruzione e appropriazione indebita.


Le ditte fornitrici dell'Ospedale Policlinico di Milano «pagavano il primario Sirchia con somme annuali consistenti e ripetute nel tempo». Sempre secondo l'accusa tutti i pagamenti, la cui somma è di circa 200mila euro, venivano effettuati estero su estero in modo occulto. Per l'accusa non è stata trovata copia di alcun contratto di consulenza per giustificare i pagamenti.


Girolamo non ti preoccupare, in Parlamento sarai in buona compagnia!
Nell' ala in cui siedi sopratutto!

Farsi sentire serve!!


Cosa Nostra lo ha condannato a morte ed il PD lo abbandona.

Ecco quello che accade nella "nuova politica" del Paese.

Il cosiddetto rinnovamento [...]
***AGGIORNAMENTO*** Di Pietro offre un seggio sicuro a Lumia. Grazie di cuore Ministro!
***AGGIORNAMENTO*** Veltroni ci ha ripensato e lo ha candidato come capolista al Senato in Sicilia!!

martedì 4 marzo 2008

La nostra Costituzione


Lo scorso mese, insieme con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, abbiamo festeggiato i 60 anni della nostra Costituzione.

Più di mezzo secolo è passato da quando, nel lontano 1 gennaio del 1948, la carta elaborata ed approvata il 22 dicembre 1947 (è bene tenere a mente queste date) dall’ Assemblea Costituente è entrata in vigore nel nostro Ordinamento.

Ieri come oggi questo testo ci rappresenta ed identifica come popolo e, unendoci in un unico, identitario vissuto storico, ci prende per mano guidandoci verso l’avvenire.

Sintesi unica e non compromesso tra le diverse componenti politiche del tempo, il patrimonio che lascia in eredità agli Italiani di oggi e di domani non si arresta “soltanto” al decalogo di principi fondamentali e, Parlamento permettendo, di organizzazione del nostro sistema costituzionale, ma riguarda anche il valore, rimasto inalterato durante tutto il processo costituente, dell’ ascolto reciproco, di una contrapposizione dialettico/politica incentrata sulla “paziente ricerca di punti d'incontro e di soluzioni condivisibili, di accettazione degli esiti alterni della prova del voto su materie controverse, e dunque di spirito di moderazione e di senso della missione”, che nel riconoscersi Italiani trovava sempre il suo punto di ricucitura dalle eterogenee posizioni ideologiche.

Solo questo è il modo per operare nell’ interesse di tutti.Non c’è altra via.
Diversamente, si rischia di sfociare alternativamente o in una dittatura della maggioranza o in un improduttivo scontro di particolarismi.

Ahimè oggi più che mai questo eccelso esempio di “modus operandi” politico sembra esser caduto nel vuoto.

E non è il solo lascito dei Costituenti ad essersi perso per strada.

Buona compagnia gli è infatti garantita dalla presenza di altri importantissimi principi supremi, a partire dallo stesso articolo che apre la nostra Costituzione e che ci fonda come comunità, l’ art 1, che individua nel Lavoro lo strumento principale di partecipazione alla vita democratica del nostro paese nonché di esercizio dei propri Diritti.
Principio direi brutalmente smentito dalle mille morti sul lavoro dello scorso anno e, dalle 62 di questi soli primi due mesi.

Dati inaccettabili per qualunque collettività umana.
Figuriamoci per la nostra, che sul lavoro si fonda e che su questo le sue radici Democratiche affonda.

Dall’ art 1 si potrebbe poi andare avanti per tutta la costituzione, passando dall’ art 2 (Si pensi soltanto ai diritti civili negati alle forme di convivenze diverse dal matrimonio), art 3 (Non solo in materia di lavoro e retribuzione, ma anche a partire dalla stessa legge elettorale!), all’ art 21 (come ci ricordano le recenti sentenze della Corte Europea, insieme, tra le tante, alla 466 del 2002 della Corte Costituzionale), arrivando all’ art 54 (mai i termini “disciplina” e “onore” sono apparsi cosi desueti e privi di significato come nel contesto politico istituzionale odierno) fino all’ art 107 (intaccato dalle recenti riforme della Giustizia) e art 112 (gli uffici giudiziari non sono assolutamente in grado, a livello proprio strutturale, di assicurare l’ obbligatorietà e l’ uniformità dell’esercizio della repressione penale, stante l’ elevato numero delle notizie di reato che giungono alle procure della Repubblica e la simmetrica mancanza di personale all’ interno degli uffici stessi).

Alla luce di tutti questi esempi, che ho per amor di sintesi sfoltito da molti altri egualmente significativi, è d’ obbligo chiedersi se la nostra classe politica debba più che altro urgentemente concentrarsi sulla attuazione del dettato costituzionale, piuttosto che arenarsi sulle annose sterili diatribe sull’ attualità della costituzione.

Qualunque strumento infatti, sia giuridico che non, dovrebbe esser prima utilizzato e solo successivamente, in caso di riscontri pratici contrari alla ratio secondo la quale lo si è elaborato, cambiato.

Oggi invece si assiste ad un perverso processo inverso: Mentre molti tra i più importanti principi che sorreggono e orientano il nostro ordinamento versano in uno stato di quasi totale ibernazione, aumentano i tentativi di revisione globale del testo costituzionale: Quando disapplicando i principi stessi della Costituzione (si pensi al procedimento posto a tutela della sua rigidità, dettato dall’ art 138, calpestato senza mezzi termini dalle bicamerali De Mita – Iotti del ‘93 e dalla D’Alema del ‘97), quando con arroganti colpi di maggioranza (si pensi alla legge costituzionale n. 3 del 2001 di riforma del titolo V della nostra Costituzione, nonché al tentativo di riforma bocciato dal Referendum Costituzionale del 2006).

In uno e nell’ altro caso, facendo spregio dei dettami dei Costituenti:
Rispetto della Costituzione e ricerca di un dibattito politico anche acceso ma comunque sempre teso alla strenua ricerca di punti di contatto comuni e di principi condivisi, nell’ottica di garantire in ogni caso la soddisfazione di quello che è l’interesse di tutti i cittadini.

Allora davvero mi pare opportuno rispedire al mittente il motto recentemente promosso dal Consiglio dei Ministri “60 anni della costituzione: Leggerla è il miglior modo per festeggiarla”, con allegato un caloroso invito ad attuarla, piuttosto che a modificarla.

E se poi proprio di modifiche si vuol parlare, si desista innanzitutto dalle tentazioni di imputare i numerosi problemi del nostro sistema politico al solo testo costituzionale (piuttosto che alla qualità della nostra classe dirigente) e, si elaborino le sole (puntuali) modifiche strettamente necessarie, che possiedano l’ indispensabile capacità di guardar lontano, al di là dello stretto costringente, o la Costituzione perderà la sua essenziale capacità direttiva, che “non si misura dal numero di articoli e commi dedicati a ciascun problema, ma dalla nettezza dell’impianto e dalla linearità delle procedure.”

domenica 2 marzo 2008

VENDITORI DI LINK SU EBAY. BASTA!

Amici lettori, navigatori, compratori telematici, state attenti!!! Su ebay spesso alla voce "ipod" "ps3" "xbox" ma anche "tv lcd" compaiono delle inserzioni del tipo "Lcd samsung a prezzi imbattibili" prezzo 1,01 euro; ipod nano 3 gen a soli 2 euro. Lo scopo di queste inserzioni è quello di aggiudicarsi un asta di qualche euro (si arriva anche a 20 euro) affinchè il venditore fornisca un link di siti per aste a prezzi bassi. Sfatiamo subito il mito di questo imbroglio. su www.bidplaza.com il sito in questione si vince con aste a ribasso e non al rialzo. Quindi è virtualmente possibile aggiudicarsi un tv lcd a 1 cent... In realtà il meccanismo è più complesso e costoso. Per vincere è necessario tentare la fortuna, facendo l'offerta UNICA più bassa, perciò se più persone offrono 1 cent e un'altro singolo ne offre 5 cent, l'oggetto se lo aggiudica il secondo. Fin qui niente di sconveniente, finchè non vieni a sapere che ogni tentativo costa 2 euro, e credetemi per certi oggetti si è disposti a spenderne molti di più... E' un ottimo modo per diventarne dipendenti, e non vi è alcuna certezza sugli oggetti. Comunque il mio intento principale è quello di boicottare i VENDITORI DI LINK che speculano sulla ignoranza altrui.
UOMINI DONNE E BAMBINI NON COMPRATE LINK. SE PAZIENTATE OGNI VOLTA VI AGGIORNERO' PERSONALMENTE CON I LINK IN VENDITA DI MODO DA NON DOVERLI ACQUISTARE.
ECCO UN ESEMPIO DI ACCHIAPPACITRULLI

ANDATE PURE SU QUESTO SITO PER VEDERE CON OCCHI VOSTRI...

www.bidplaza.com

CIAO!!!!

sabato 1 marzo 2008

G8 - Luogo di tortura fisica e psicologica

(Fonte: Corriere.it)
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È iniziata la seconda parte della requisitoria dei pm Vittorio Ranieri Miniati e Patrizia Petruzziello, che si protrarrà per altre quattro udienze, al processo per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001 a Genova.
Gli imputati sono 45 tra vertici apicali, appartenenti al personale della polizia penitenziaria, polizia di stato, carabinieri e medici.
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I pm hanno elencato le vessazioni subite dagli arrestati costretti a stare in piedi per ore o a fare la posizione del cigno e della ballerina, ad abbaiare come cani per poi essere insultati con minacce di tipo politico e sessuale. Molti hanno ricevuto schiaffi a mano aperta e colpi alla nuca soprattutto quando venivano tradotti a due a due nelle carceri di destinazione. I pm hanno inoltre descritto le vessazioni subite come lo strappo di piercing anche dalle parti intime e ragazze tenute nude fatte girare su se stesse o in tondo con commenti brutali da parte di agenti presenti anche in infermeria. «L'infermeria - ha denunciato il pm Miniati - che doveva essere un aiuto in caso di sofferenza è diventata un luogo di ulteriore vessazione».
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La caserma di Bolzaneto, descritta oggi dai pm, è sembrata un girone infernale e un luogo di tortura fisico e psicologico: ragazzi e ragazze picchiate, tenuti ore e ore in piedi con le mani alzate, accompagnati in bagno e lasciati con le porte aperte, insultati, spogliati, derisi e minacciati di guai peggiori, tra cui la sodomizzazione, un salame usato come manganello, una mano divaricata e spezzata. Le ragazze erano chiamate «Troie, puttane« come accadde a Sara Bartezaghi a cui agenti dissero anche, ricordando la morte di Carlo Giuliani: »Ne abbiamo ammazzato uno, ne dovevamo ammazzare cento«. Il pm Ranieri Miniati ha poi fatto un riepilogo delle testimonianze più salienti delle parti lese durante il processo, tutte avallate dai ricordi di altri detenuti presenti nella caserma.
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Tra queste quella di Massimiliano A., 36 anni, napoletano, disabile al cento per cento.»Gli agenti mi hanno preso in giro - aveva raccontato al processo - per la mia bassa statura, insultandomi con 'Nano buono per il circò, 'Nano di merdà, 'Nano pedofilò. Il pm ha anche ricordato che Massimiliano per un'ora non riuscì a farsi accompagnare in bagno, per cui si fece addosso i suoi bisogni e rimase sporco a lungo perchè gli impedirono di pulirsi.
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Un altro episodio ricordato oggi riguarda Katia L., minacciata dagli agenti di farle fare la stessa fine di Sole (Maria Soledad Rosas), l'anarchica argentina che si suicidò in carcere dopo la morte del compagno, entrambi arrestati nell'ambito dell'inchiesta sugli attentati contro la Tav in Valle Susa. La ragazza si sentì male e vomitando sangue venne portata in infermeria dove un medico le somministrò dell'ossigeno. Al rifiuto della ragazza di sottoporsi ad una iniezione il medico la liquidò:«Vai pure a morire in cella».
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I pm hanno poi concluso la seconda parte della requisitoria elencando i vari elementi probatori raccolti, sostenendo l'attendibilità di tutte le dichiarazioni delle parti lese sottoposte a varie tipologie di riscontri.