lunedì 31 marzo 2008
Viva le crisi di Governo!
Un brindisi apolitico salutò probabilmente la fine della legislatura e l'indizione di nuove elezioni.
I calici di 120 tipografi su tutto il territorio nazionale, con la notizia del crollo del governo, si saranno verosimilmente levati alla salute dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
La Zecca di Stato, infatti, senza nessuna gara di appalto ma sulla base di un "criterio di continuità", affida l'incarico di stampare le schede elettorali agli stabilimenti che nel corso degli anni hanno saputo conquistarsi la sua fiducia.
La Poligrafica nazionale fornisce alle tipografie prescelte la carta, con l'incarico di produrre il 30% di schede in più rispetto al numero degli elettori (47 milioni per la Camera e più di 43 milioni per il Senato, escludendo i 2 milioni e mezzo di elettori all'estero e le schede per le amministrative).
Il prezzo della stampa, deciso dalla Commissione tariffe del ministero dell'Economia è stato fissato per quest'anno in 26 euro ogni mille schede, per un esborso complessivo da parte dello Stato che supera i tre milioni e mezzo di euro.
Le "rotative" stanno per mettersi in moto e avviare una produzione che, come prevede la legge dovrebbe partire venti giorni prima della data delle elezioni, sotto l'occhio vigile delle forze dell'ordine che presidiano le fortunate tipografie.
mercoledì 26 marzo 2008
La grande assente
C'è tempo per tutto, nell' odierno teatrino Politico che va in onda regolarmente, 24h su 24, nel nostro paese a reti unificate.
Per tutto meno che per il nostro problema sociale, politico, economico più grande: LA MAFIA.
Ce ne parla Roberto Saviano in questa intervista concessa a Marco Imarisio.
"Roberto Saviano è ancora un ragazzo. E ogni tanto riesce anche a sorridere, con le labbra che si tendono su una faccia sempre più tesa, sempre più pallida. Quando racconta della presentazione di Gomorra ad Helsinki, con lo speaker che lo introduce come «Roberto Soprano», e i finlandesi che sono lì soltanto per via della serie televisiva americana, riesce pure a ridere di «loro». Li chiama così, «loro». I suoi nemici. Come se fosse una questione personale, tra lui e i mafiosi di Casal di Principe che lo hanno costretto ad una vita infame, da animale braccato.
Quella di Saviano è una storia di paradossi. Con il suo libro ha avuto fama, celebrità, il traguardo del milione di copie vendute tagliato in questi giorni. Con il suo libro ha perso il resto, la libertà personale, la possibilità di vedere il mondo con i propri occhi.
lunedì 24 marzo 2008
Aggiungi un posto a tavola, che c'è un pregiudicato in più
Che sia fascista, lo dice pure lui. E sarebbe pure una cosa grave, se non fosse per la fedina penale, che è molto più nera della camicia nera. Giuseppe Ciarrapico in arte Ciarra, stando al casellario giudiziario, vanta una collezione di condanne, arresti, rinvii a giudizio, prescrizioni e processi in corso da non temere rivali. Le condanne definitive, confermate dalla Cassazione, sono quattro, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta alla ricettazione fallimentare, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla truffa pluriaggravata, ma potrebbero presto aumentare: in primo grado, il camerata pregiudicato è stato di recente condannato per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni in una delle sue cliniche. Insomma il Cavaliere è stato di parola. Aveva promesso di non candidare “supposti autori di reati”: infatti candida quelli sicuri.
La carriera penale del futuro senatore del Popolo della Libertà Provvisoria inizia nel 1973, quando la Corte di Appello di Roma conferma la sentenza del Tribunale di Cassino e lo condanna per truffa aggravata e continuata ai danni di Inps, Inail e Inam per non aver registrato sui libri paga gli stipendi dei dipendenti. La Cassazione conferma la truffa, ne dichiara prescritta una parte e incarica la Corte d’appello di rideterminare la pena per l’altra. Nel 1974 altra condanna: il pretore di Cassino gli infligge una multa di 623.500 lire per aver violato per quattro volte la legge che tutela “il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti”, sentenza poi confermata in Cassazione. Poca roba, rispetto a quel che verrà con Tangentopoli e anche dopo. Nel marzo ’93 viene arrestato dal gip Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, per lo scandalo Italsanità dal quale verrà poi assolto (condannato però il figlio): la Cassazione stabilisce che la signora Vespa l’ha incarcerato su elementi insussistenti. Aprile ’93: Di Pietro lo fa di nuovo arrestare per una stecca di 250 milioni di lire versata al segretario del Psdi Antonio Cariglia su richiesta di Andreotti. “Era vero, li diedi per arruolare Domenico Modugno alle feste dei socialdemocratici”, dirà lui anni dopo. Passa un mese e torna dentro, stavolta per un presunto miliardo alla Dc andreottiana nello scandalo delle Poste. A giugno, condanna in primo grado a 6 mesi per diffamazione: aveva affisso a Fiuggi un manifesto in cui dava a un consigliere comunale del “mentitore diffamatore mestatore”. Nel 1997 la Procura di Roma lo fa rinviare a giudizio per peculato, abuso e falso nella sua attività di re delle acque minerali: secondo il pm Maria Cordova, mentre era custode giudiziario dell’Ente Fiuggi, Ciarrapico omise di versare 20 miliardi al Comune e si appropriò di somme di denaro per spese pubblicitarie, interessi passivi e acquisto di beni capitalizzati, rinnovando il contratto di vendita dell’acqua Fiuggi a una sua società che offriva prezzi inferiori rispetto a un’altra (danneggiando il Comune, che percepiva un tot a bottiglia). Nel 1995 viene condannato con rito abbreviato per falso in bilancio delle Terme Bognanco. Ma questi processi finiscono in nulla. Nel 1998, però, arriva la prima mazzata: condanna in Cassazione a 4 anni e 6 mesi per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano. La sua “Fideico”, nel 1982, aveva ottenuto dalla Banca di Roberto Calvi e della P2 un improvviso aumento della linea di credito da 4 a 39 miliardi, restituendo solo le briciole. Nel 1999, il kappaò: altra condanna definitiva a 3 anni per il crac da 70 miliardi della società che controllava la “Casina Valadier”, il palazzetto liberty romano trasformato in ristorante. Ma il Ciarra, pur dovendo scontare 7 anni e mezzo, non finisce in carcere: grazie all’età e agli acciacchi, ottiene l’affidamento ai servizi sociali.
Intanto i processi avanzano, con qualche botta di fortuna. Nel ’99, condannato in appello per emissione di assegni, il nostro eroe è assolto in Cassazione perchè il reato è stato appena depenalizzato. Nel 2000 cade in prescrizione la condanna in primo grado per violazione della legge sulle assunzioni obbligatorie di invalidi. Nel 2001, condanna in primo grado a Perugia per abuso d’ufficio insieme al giudice fallimentare di Frosinone che nel ’93 regalò l’amministrazione controllata alla sua capogruppo “Italfin 80” in crisi nera, evitandogli il crac: reato poi estinto per prescrizione. Intanto lui s’è dato alle cliniche private. E anche in quel ramo riesce a dare lavoro alla Giustizia. Nel 2002 il Tribunale di Roma lo condanna a 1 anno e 8 mesi per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni: insieme ad alcuni dirigenti della “Quisisana”, avrebbe imposto a una cinquantina di pazienti sottoposti a trasfusioni parcelle gonfiate per 3-400 mila lire l’una. E nel 2005 è rinviato a giudizio per ricettazione nella vecchia vicenda delle tangenti al ministero delle Poste.
Ma ci sono pure questioni recentissime, come quella che lo investe per la sua ultima vocazione: editore di giornali locali, undici “cocoperative” tra la Ciociaria e il Molise, finanziati dallo Stato. Del novembre 2007, il Ciarra è indagato a Roma per truffa ai danni di Palazzo Chigi: pare che tra il 2002 e il 2005 abbia incassato il doppio dei contributi dovuti, attestando falsamente che le società “Editoriale Ciociaria Oggi” e “Nuova Editoriale Oggi” hanno una gestione separata. In attesa di sapere come stanno le cose, il Gip gli ha sequestrato i 2,5 milioni che stavano arrivando dalla Presidenza del Consiglio. Ma ieri Berlusconi ha detto di averlo candidato per avere finalmente qualche giornale amico: tra qualche mese, se tutto va bene, Fedina Nera a Palazzo Chigi potrà entrare quando gli pare.
sabato 22 marzo 2008
venerdì 21 marzo 2008
mercoledì 19 marzo 2008
Di Pietro in VC su Corriere.it; Discutiamone!
Chi ci assicura che nelle vostre liste non compaia un altro De Gregorio? Franz da Milano
«In totale sono 122 i parlamentari che sono andati da una parte all'altra. Ma ricordatevi una cosa. Gesù Cristo ogni dodici ne cannava uno: Giuda. Io, che sono un povero Cristo, nel caso di De Gregorio posso dire di aver sbagliato. Ma questa volta le liste dell'Idv sono aperte a segmenti della società civile. Qualche caso: tutti parlano di lotta alla mafia, ma mentre qualcuno candida gente che mangia i cannoli per festeggiare una condanna, noi abbiamo candidato la baronessa Cordopatri, una che si è rifiutata di pagare il pizzo, e per questo davanti a lei hanno ammazzato il fratello: lei si è salvata perché si è inceppata la pistola. Per sostenere la battaglia sulla corretta informazione abbiamo candidato Beppe Giulietti, espressione diretta - attraverso Articolo 21 - di questa esigenza. Tutti parlano di difesa dei consumatori: noi abbiamo candidato Elio Lannutti, presidente dell'Adusbef. Ah, abbiamo candidato anche un giovane "nero nero", una novità assoluta. Cosa significa? Significa che la lotta alla criminalità clandestina deve essere dura, senza però perdere di vista l'importanza dell'immigrazione: è immigrato anche Bill Gates. Il nostro candidato è un ragazzo del Congo, Jean Léonard Touadi: cinque lauree, 33 anni, assessore alle politiche giovanili del Comune di Roma, professore universitario: l'ho candidato al primo posto, nel Lazio. Sarà il primo nero in Parlamento, ma con le mani bianche bianche. Pulite pulite.
Smembramento: avanti così, Mediaset va smembrata.... Luigi, Torino
«Lo dico a suocera per far capire a nuora. Fanno bene Berlusconi e i suoi amici a preoccuparsi. Se noi dell'Idv stiamo in Parlamento, su temi come il conflitto di interessi e la legge sulle telecomunicazioni tutti i giorni gli soffieremo sulle orecchie. Ma non perché ce l'abbiamo con Berlusconi. In uno stato di diritto, però, le regole e le leggi vanno rispettate da tutti. Che la legge sulle telecomunicazioni italiana sia illegittima lo dice la Corte Costituzionale italiana, lo dice la Corte di Giustizia europea che ha condannato lo Stato italiano perché non ha adeguato la sua legislazione alle direttive europee. E aggiunge che se non lo farà, pagherà 400 mila euro al giorno. Sai quante infrastrutture ci fai, con quei soldi? Questa cosa voglio ripeterla non solo all'avversario del Pdl, ma anche all'amico Veltroni: non possiamo far finta che il tema del conflitto di interessi e quello delle telecomunicazioni non ci sia per fare una campagna elettorale soft! Sono temi di cui bisogna occuparsi nei primi 100 giorni, perché ce lo ordina l'Europa. Se volete che questi temi siano affrontati in Parlamento, il voto all'Idv è una garanzia di continuità, non di oblio».
Dietro la sua decisione di frenare su Mediaset c’è la paura dei poteri forti? Karlo da Vercelli
«La rete a Mediaset va tolta perché lo dice la Corte di Giustizia europea. Fino ad oggi Mediaset ha giocato con le istituzioni facendo o facendosi fare delle leggi per non ottemperare a questo ordine. È un comportamento che risale ai tempi di Craxi. Una volta Craxi tornò addirittura da Londra per fare un decreto ad hoc. Conflitto di interessi: ci sono situazioni che inceppano la espressione democratica e lo stato di diritto in un Paese. L'Idv vuole che questi temi siano affrontanti dal Parlamento, non che vengano raggirati. Per questo votare noi o il Pd non è la stessa cosa: è votare la stessa coalizione, è votare lo stesso candidato leader, è votare lo stesso programma ma soprattutto è votare qualcuno che quando va in Parlamento fa sul serio. Quando c'era l'indulto, io stavo fuori con il megafono in mano a dire: «State attenti, state facendo una stupidaggine». Altro esempio. Stamattina il giudice di Milano ha disposto di proseguire per il processo per la vicenda Abu Omar. È una vita che io sollecito il governo su questo punto. E oggi il giudice ha deciso di proseguire anche contro la volontà del governo. Su alcuni temi non si è né di destra, né di sinistra: si è dalla parte della legge. Conflitto di interessi nei primi 100 giorni? S'ha da fare! Soffieremo anche a Veltroni...
Oramai mi sembra irrisolvibile la questione del conflitto di interessi, poiché da sondaggi (che mi sono pervenuti da vie traverse) il 60% dei parlamentari sarebbero in conflitto di interessi essendo titolari di azioni o partecipazioni nelle maggiori attività italiane. Cosa propone?
«Il tema è molto radicale, non riguarda solo Berlusconi. Il problema sta soprattutto quando si prendono decisioni di tipo governativo, ma non v'è dubbio che ci sono decisioni anche di tipo legislativo. Faccio un esempio: quando un giudice chiede di intercettare, di perquisire o di arrestare un parlamentare, non lo può fare direttamente ma deve chiedere l'autorizzazione alla Camera. Riflettete bene: se un giudice scopre che un parlamentare ha un bel conto all'estero (a proposito, lo sapete che ci sono tre o quattro candidati con i conti in Liechtenstein?) potrebbe avere l'esigenza di procedere con una intercettazione, o una perquisizione. Se si tratta di un cittadino normale lo può fare, se si tratta di un parlamentare deve andare in Parlamento per chiedere il permesso. Il Parlamento deve votare, ma tra le persone che votano c'è anche la persona coinvolta. Quando io sono stato indagato, la prima cosa che ho fatto è stata quella di correre per farmi processare. Ovviamente è una cosa che si fa se uno è innocente. Sennò vai in Parlamento e ti fai una legge per non farti processare...
Perché non preparate un manifesto con i nomi dei politici condannati presenti nelle liste elettorali del Senato e della Camera dei Deputati con le relative condanne inflitte? Mario Bertini Bellinzago Lomb. Mi
«Lo stiamo facendo. È un'operazione complessa. Stiamo raccogliendo tutti i dati, li stiamo analizzando e stiamo facendo uno specchietto con nomi, cognomi e relative condanne. Lo metteremo sulla Rete, sul blog www.antoniodipietro.it. Per mettere i manifesti ci vogliono un paio di milioni di euro. Bisogna chiedere a Berlusconi...».
Il primo impegno in caso di vittoria? Lorenzo, Milano (il moderatore aggiunge: il primo impegno da ipotetico ministro della Giustizia?)
«Alle scorse elezioni, stavano parlando due signori, ed io ero in mezzo. Un signore dice: ma perché Di Pietro non ha fatto il ministro della Giustizia? Risponde l'altro: perché magari poi funzionava pure. Al di là della battuta, il ministro della Giustizia che c'era discuteva di massimi sistemi. Se io fossi ministro della Giustizia farei 5 cose, che si possono fare in un quarto d'ora: aumento del 30% delle risorse finanziarie a favore del comparto sicurezza (polizia, carabinieri e guardia di finanza), con contestuale riduzione del finanziamento pubblico ai partiti e ai giornali di partito che ammonta a centinaia di milioni di euro l'anno. Quest'anno il 20% del finanziamento pubblico grazie al nostro emendamento lo abbiamo tolto ai partiti e destinato all'edilizia carceraria e pubblica. Ma voi lo sapete che le forze dell'ordine non hanno i soldi per la benzina? Mio figlio è un poliziotto, da quando si è sposato è ingrassato. Ma il pantalone glielo cambiano ogni 3 anni. Sapete che significa? Che il poliziotto non può correre dietro al ladro perché gli si rompono i pantaloni. Questi paradossi vanno detti. Seconda proposta: aumento del 30% del personale para-giudiziario. Ogni giorno il 60% dei processi viene rinviato o va a monte perché mancano i cancellieri, i messi notificatori, i segretari d'udienza. Dove si prende questo personale? Basta spostare il personale che sta in tutti quegli enti inutili che devono essere tolti di mezzo. Gli esuberi di Alitalia da mettere in cassa integrazione? Ma mandateli a fare gli assistenti nelle aule di giustizia! Terza proposta: la riqualificazione del personale di polizia. Attualmente il 25%-30% del personale di polizia, carabinieri e Gdf fa scorte, timbri sui passaporti, attività amministrative: no, va mandato in mezzo alla strada, a correre dietro i delinquenti. Poi ci sono due proposte un po' più sostanziose: tre gradi di giudizio? Succede solo in Italia. Con il processo accusatorio, ne bastano due, con eliminazione dell'appello. E bisogna abrogare la ex Cirielli che accorcia i tempi della prescrizione: questa legge ad personam che Berlusconi si è fatto fare perché gli faceva comodo (come a qualcuno del centrosinistra) va tolta di mezzo. Il nostro impegno è fare in modo che una volta che il giudice decide il rinvio a giudizio, il processo termina con la sentenza, si interrompe la prescrizione. Così finisce questa commedia di chiedere continuamente il rinvio. Gli avvocati del 2000 sono particolari: si dice "processo rinviato mezzo salvato". Lo scopo principale degli avvocati ormai è quello di arrivare alla prescrizione. Io credo che chi è innocente deve essere assolto subito, chi è colpevole deve essere condannato subito, e chi è condannato deve andare in galere; e a tal proposito il giudice dovrebbe poter disporre l'anticipazione di pena in caso di un fatto grave e prove accertate. Prendete il caso del pirata della strada di Roma: il giudice mica è matto, che gli ha dato i domiciliari. È la legge che lo prevede. Se invece fosse prevista l'esecuzione anticipata della pena in attesa del processo per direttissima, vedi poi quello come guida piano. Mica perché sono io giustizialista. All'estero funziona così».
Se sarà eletto e dovesse rifare il ministro, rifarebbe ancora quella cosa per me inconcepibile di autosospendersi da ministro e manifestare contro il governo per poi rientrare al governo? Se si con quale logica istituzionale e di buon senso può giustificare un simile comportamento? Francesco- Padova
«La questione è la seguente: non il governo, ma in Parlamento alcuni partiti avevano deciso di fare l'indulto, e altri di non farlo. Io non mi sono messo contro il governo. Io da cittadino contestavo l'indulto deciso dal Parlamento, provvedimento voluto da maggioranza e opposizione. Ricordo chi non lo voleva: Lega, An e Italia dei Valori. Tutti gli altri hanno detto sì. Io per poter manifestare da cittadino la mia contrarietà, non potevo farlo da ministro. Per questo mi sono autosospeso. Se un giorno non condividessi un provvedimento del governo, mi dimetterei».
Egregio Dott. Di Pietro, ritengo che il suo partito sia l'unica vera alternativa per salvare il nostro paese dal baratro e le chiedo,essendo questo un tema che mi sta particolarmente a cuore, cosa intendete fare riguardo alle coppie di fatto? Riuscirete a superare lo scoglio della Chiesa cattolica? Marco Foligno(Pg)
«Ho molto rispetto per la Chiesa cattolica, pensate che da ragazzino ho fatto il seminarista. Ma ho capito una cosa per esperienza diretta e per le esperienze dei miei familiari: io credo nella Chiesa delle persone che vanno a fare solidarietà, di chi si occupa dei disperati; credo molto meno nella Chiesa dei porporati che predicano bene e razzolano male. Questa Chiesa che dice "votate i partiti che difendono questi diritti" senza vedere quali sono le persone dietro quei partiti. Basti pensare a tutti quei politici che difendono la famiglia naturale e il matrimonio, e poi di famiglie ne hanno quattro o cinque. E a proposito della Chiesa, vogliamo parlare degli scandali sulla pedofilia? Quando ricevo un messaggio e una parola che viene dal vangelo, cerco di farlo mio e se sbaglio mi pento; ma non posso accettare che la Chiesa sostituisca lo Stato laico. In Parlamento difenderò i diritti di tutti: se due persone si vogliono bene, che cosa interessa a me se sono omosessuali, eterosessuali o transgender?».
Sono uno di quei tanti indecisi, cosa propone il Partito di Di Pietro per la famiglia? Come si fa a convivere con i radicali? Francesco Brescia
«Io ho lavorato con la Bonino al governo: è una persona come me. A volte mi ha convinto, a volte no. Qualcuno di loro (i radicali, ndr) viene dalla luna, ha fatto bene Veltroni a mettere paletti ben chiari. E comunque, noi dell'Idv ci presentiamo col nostro simbolo, loro no. Gli accordi se li vede Veltroni. Ci tengo a dire che l'Idv ha un suo simbolo, che si vede sul mio blog o sul sito www.italiadeivalori.it. Il voto all'Idv non è un voto contro, votare Idv significa sostenere Veltroni premier ma scegliere anche la specificità di chi non molla. Qualcuno diceva: resistere, resistere, resistere. Ora più che mai...»
È favorevole al nucleare? Edoardo, Pe
Lei ha ancora fiducia negli italiani? Anche se gli si dimostra chiaramente che un politico ha rubato questi continuano a votarlo. Cosa si può fare per smuovere la coscienza di un popolo? Nicola da Vigevano
«Questo me lo sono chiesto anche io. Io credo che il motivo sia la disinformazione. Per questo noi lavoriamo per la creazione di una informazione indipendente, in modo che il cittadino sappia esattamente come stanno le cose e quindi giudicare. Oggi come oggi non venite informati. Per voi Ciarrapico è solo un fascista che ha detto quel che ha detto del fascismo. Per me è anche un pluricondannato che stava ai servizi sociali, a sette anni di carcere, e che adesso se ne va in Parlamento. Capisci a me!!!»
lunedì 17 marzo 2008
Cosa è la Giustizia
Vi assicuro che è tempo ben speso.
Potrei dirvi "Soddisfatti o rimborsati", ma vedrete che, dopo, sarete voi a volermi rimborsare per il tempo (e denaro) speso per portare alla vostra conoscenza questo inestimabile tesoro di semplicità ed immediatezza.
Quando dite che è giusto dare a ciascuno ciò che gli è dovuto, avete una buona definizione del giusto, eppure sono sicuro che vedete subito dove stanno le difficoltà. Cosa, effettivamente, è dovuto a ciascuno? Ci arriviamo subito, ma anzitutto parliamo di una prima difficoltà, forse più difficile da cogliere. Dare a ciascuno ciò che gli è dovuto significa in primo luogo far coesistere due principi dietro il termine “ciascuno”: un principio di uguaglianza, anzitutto (“ciascuno” è considerato esattamente come tutti gli altri), e un principio di differenza proprio di ciascuna persona, perché ciò che è dovuto a Nicole forse non è ciò che è dovuto a Saïd, e ciò che è dovuto a Gaël non è necessariamente ciò che è dovuto a Jonathan. Ci sono dunque due principi: uguaglianza e differenza.
Se siete d’accordo, proporrò di dire uguaglianza e singolarità. La singolarità è ciò che è proprio di ciascuno in quanto egli è un essere singolare, in quanto egli è unico.
Uguaglianza e singolarità sono inseparabili nell’idea di giustizia e, al tempo stesso, possono entrare, se non in contraddizione, forse, quanto meno in conflitto.
Questo ci insegna una prima cosa importantissima: il giusto e l’ingiusto si decidono sempre nel rapporto con gli altri. Nel giusto e nell’ingiusto, si tratta degli altri e di me, ma sempre di me in rapporto agli altri. Deve essermi reso ciò che mi è dovuto così come deve essere reso agli altri ciò che è dovuto loro. Ciò significa che non può mai esservi giustizia per uno solo: non avrebbe alcun senso. La giustizia esiste, dunque, solo in rapporto all’altro. Ecco perché farsi giustizia da sé non ha alcun senso. Tuttavia è certamente vero che ciascuno di noi, nella propria singolarità, ha diritto a un riconoscimento assolutamente particolare. Non sarebbe giusto, per esempio, decidere che tutti devono avere i capelli rossi e obbligare tutti a tingerseli. Al contrario, le sfumature singolari dei capelli fanno parte (anche se ne costituiscono soltanto un’infima parte) di ciò che ciascuno è, singolarmente.
Ma allora – seconda parte della definizione – che cosa è dovuto a ciascuno? In questa sede non ci porremo nemmeno il problema di sapere come dare o rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto. Possiamo però distinguere facilmente alcuni elementi di ciò che è dovuto a ciascuno: ognuno ha il diritto di vivere, e quindi deve avere i mezzi per vivere, per nutrirsi o per proteggersi dalle intemperie; ognuno ha il diritto di essere istruito, dunque è giusto che ogni bambino possa andare a scuola. So bene che alcuni di voi in questo momento stanno pensando: “Non è poi tanto sicuro che questo sia giusto”. Eppure, la scuola per tutti rientra nell’ambito della giustizia, perché non avere istruzione e cultura significa non poter sviluppare tutte le proprie possibilità, come uomo o come donna, nella vita. Inoltre, certamente, ognuno ha diritto alla salute, e dunque a poter essere curato, e ognuno ha questo diritto anche quando un destino che si potrebbe chiamare, forse, ingiusto, lo ha fatto nascere con un handicap. È giusto, allora, poter fruire di particolari cure, potersi servire di una sedia a rotelle, avere accessi per portatori di handicap, ecc. È giusto che tutto questo sia previsto dalla legge. Oggi, la legge impone che, sui mezzi di trasporto e nei locali pubblici, vi siano accessi per le sedie a rotelle dei portatori di handicap. Potremmo continuare a lungo questa discussione su quel che è giusto e quel che deve essere riconosciuto come giusto da tutti in una data società, in materia di educazione, di alloggi, di salute, di salario, di condizioni di lavoro e di vita, perché vi sono molte cose che sappiamo bene che sono giuste.
Se avessimo il tempo di farla, questa discussione ci riporterebbe alla legge. È per questo che la legge cambia e si evolve, perché ci si rende conto che c’è questa o quella esigenza di giustizia a cui, sino a quel momento, non si prestava attenzione, o che prima non era abbastanza evidente. Questo ci ricondurrebbe dunque, di nuovo, alla legge e a tutto ciò che sarà sempre da cambiare, da riformare, da adattare. Ora, noi sappiamo che fumare è una pessima cosa per la salute e per la gestione di quella che si chiama la sanità pubblica, per via delle cure che devono essere fornite a tutte le persone che soffrono di cancro o di malattie polmonari provocate dal tabacco. Per questa ragione, è necessario che la legge si evolva. La legge non cambia tutti i giorni, ma vi sono sempre buone ragioni per progettare di trasformarla o per emanarne di nuove, perché la società diventi più giusta.
Dobbiamo però notare subito che non riusciremo mai a dire interamente, integralmente, esattamente cosa è dovuto a ciascuno in particolare. Come si può riassumere ciò che è dovuto a ciascuno di noi in quanto ognuno è una persona unica, in quanto è Nicole o Saïd o Gaël o Brahim? In un certo senso, si potrebbe dire che occorre unicamente che ciascuno sia riconosciuto nella sua singolarità. È una lista infinita: quando potrò aver finito di essere giusto verso Nicole o Saïd? Quando potrò aver finito di riconoscerlo o di riconoscerla, non soltanto come un amico o un’amica o come qualcuno interessante perché può prestarmi la sua playstation o aiutarmi in matematica, ma di riconoscere lui, veramente? Ponendo questo interrogativo, vediamo aprirsi la divaricazione più completa tra il giusto morale e il giusto nel senso dell’esattezza, l’aggiustamento.
Non vi è alcun aggiustamento possibile di questa giustizia. Si potrebbe dire, se volete, che la giustizia è inevitabilmente senza esattezza o senza aggiustamento. Beninteso, posso comprare dei vestiti per Nicole o per Saïd, ma è meglio che li compri della loro taglia e che stiano loro “giusti”.
Sì, questo può farvi ridere, ma se compro un paio di jeans della mia taglia per uno di voi, avrà uno strano aspetto.
I vestiti, dunque, devono essere “aggiustati” sino al termine della crescita. Ma che cosa dovrà essere aggiustato se ci si interessa all’aspetto estetico dei vestiti? Qual è il più giusto? Un paio di jeans blu, neri o grigi? Ovviamente, non è possibile dirlo.
Certo, ci sono cose molto più importanti dei vestiti, c’è ciò di cui ciascuno ha voglia, ciò che a ciascuno piace, ciò che ciascuno sogna. Ma ci sono anche questioni per le quali non siamo necessariamente giusti con noi stessi. Penso al bambino diabetico di cui parlavo prima; tutti noi, o almeno molti di noi, hanno voglia di dolci, ma è pericoloso mangiare dolci quando si è diabetici. Analogamente, spesso avete pochissima voglia di fare i compiti, eppure è necessario.
Ma pensateci da soli adesso, potete andare ancora e sempre oltre, non vi è modo di chiudere la lista di ciò che è veramente dovuto a ciascuno.
Ci insegna Jean-Luc che la Giustizia non è giusta ed è giusto che sia cosi.
La vera saggezza non è sapere di essere giusti o esserne convinti (al contrario questo può essere deleterio e pericoloso) e ritenere di non doversi migliorare per esserlo di più bensi riconoscere che la giustizia si fa solo in rapporto con gli altri e che essa non è mai abbastanza.
Riuscire a fare proprio questo concetto significa già cominciare a essere giusti.
sabato 15 marzo 2008
Maxiprocesso, questo sconosciuto
Attualmente suddiviso in varie tranche, il processo spartacus I è quello "conclusosi" più di recente e di origine più risalente.
La sentenza in primo grado si è avuta nel 2005, ben 10 anni dopo il primo blitz.
Dopo un’ora di lettura della sentenza (3200 pagine ) si è posto fine ad un processo lungo e sofferto che ha visto sfilare oltre 500 testimoni, per un totale di quasi 730 udienze.
Fino all’ultimo ci sono stati tentativi per fermare questo processo, soprattutto quello grave e indecente di appellarsi alla legge Cirami (legge varata dal governo Berlusconi) da parte di tutti i boss alla sbarra.
Forse, una volta tanto bisognerebbe condannare chi le propone certe leggi. Anche per questo si è voluto un profondo silenzio della stampa italiana.
Spartacus I è stato anche il processo dei migliaia e migliaia di proiettili sparati nel corso di molti anni, di persone scomparse e di violenze feroci e inaudite. Di sangue sparso a quintali per le campagne e le strade dell’assolato Sud. Di cervelli e ossa spappolati sotto i colpi di mazze e martelli. Di minacce e intimidazioni a pentiti, collaboratori e testimoni. Di barbarie medievale negli anni 2000. Si parla molto nel mondo e in Italia di notizie censurate. Forse la camorra rientra in una di queste.
Ma proprio nessuno in qualche redazione dei grandi giornali nazionali ha un moto di sdegno per il proprio silenzio?
Evidentemente no.Esso è totale e colpevole.
Nel processo Spartacus, il più grande processo di mafia degli ultimi 15 anni, che il giorno della sua sentenza non ha ricevuto attenzione sulla stampa nazionale, la camorra tenta in appello di veder decadere i suoi 21 ergastoli. Ma sarebbe gravissimo se si lasciasse al suo destino uno dei pochissimi tentativi fatti in questa terra per ostacolare i ras del cemento criminale.
I collegi difensivi dei clan, l'enorme esercito di avvocati che hanno a disposizione le varie famiglie camorristiche - Schiavone, Bidognetti, Zagaria, Iovine, Martinelli - vogliono soprattutto silenzio, minimizzazione, vogliono che lo sguardo vada altrove. Vogliono spingere l'interesse nazionale a vedere queste vicende come scarti di periferia, aiutati spesso dalla nausea di una classe intellettuale distante da questi meccanismi e da una classe politica che quando non ne è invischiata non ne riesce più a comprendere le dinamiche.
Addirittura ora ora i boss del clan casalesi, puntando il dito contro una giornalista del Mattino, il pm antimafia Raffaele Cantone e «contestando» alcuni passaggi del bestseller Gomorra di Roberto Saviano definendolo «prezzolato pseudogiornalista», chiedono addirittura di spostare il processo a loro carico - il superprocesso Spartacus - in altro distretto giudiziario, per «legittima suspicione» ossia per «carenza di libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo» (si osa sollevare cioè il sospetto che, nei loro confronti, vi sia un'azione premeditata di condizionamento dei giudici, dovuta anche a niente popò di meno che al libro di Roberto Saviano, Gomorra «L'intervento di Roberto Saviano sul silenzio legato alla sentenza Spartacus (nelle pagine di Gomorra, ndr) non può non turbare gli animi dei giudici definiti dal prezzolato pseudogiornalista come degli inetti, incapaci, insensibili alla sete di giustizia della collettività»)
E' anche per questro che nei prossimi mesi non bisognerà togliere lo sguardo dall'appello del processo Spartacus.
I NOMI E LE PENE DEI CONDANNATI
venerdì 14 marzo 2008
Basta!!
mercoledì 12 marzo 2008
Principi/valori
lunedì 10 marzo 2008
Comparison
Cesa tiene a sottolineare il «problema» dei parlamentari che vivono a Roma da fuori sede, «e fuori dalla loro città hanno una vita abbastanza dura». Lo dice riferendosi anche alla sua vita pubblica: «Quando ero eurodeputato, stavo da solo tutta la settimana e la solitudine è una cosa molto seria». Per questo, ripete più volte, «la vita del parlamentare è molto dura» e bisognerebbe pensare, propone, all'ipotesi di un ricongiungimento familiare: più soldi a deputati e senatori, quindi, per poter permettere il trasferimento delle loro famiglie a Roma.
MCR in tour
Da mercoledì 13 marzo parte il tour 2008 dei Modena City Ramblers.
Unica data toscana è proprio quella d'apertura a Firenze.
Maggiori info su http://www.ramblers.it/
domenica 9 marzo 2008
... Senza Parole...
Vergognati lurido NANO
Ecco perchè la nostra politica fa schifo, ecco perchè la politica non viene seguita più da nessuno, ecco perchè all'estero ci prendono a pesci in faccia e ridono di noi, sostanzialmente... ECCO PERCHE' CI PRENDONO PER IL CULO, ANCORA UN GRAZIE SILVIO (vi prego di leggere il link)!
venerdì 7 marzo 2008
Fantomatica Legge 626
Promesse Da Marinaio!
Ora che ci siamo pregustati questo video del lontano 2001, gustiamoci un pò questo "nuovo contratto" con gli italiani, (è ancora una bozza) sempre sulla solita scrivania di mogano del buon vecchio lecchino di Bruno Vespa. Come avete visto, nel primo contratto ci ha promesso che se il suo governo non avesse realizzato 4 dei 5 punti prestabiliti, non si sarebbe ricandidato... Pinocchio a quest'uomo gli fa un se... storia! Perchè naturalmente i punti non sono stati assolutamente rispettati.
Per fare un esempio, i cantieri di cui parla nel 5° punto, sono stati aperti, ma assolutamente inoperativi! Quindi insomma, il nostro amico Beca in uno dei suoi ultimi post (vi consiglio assolutamente di andarlo a vedere qui) c'aveva azzeccato in pieno con l'accostamento (non che non si sapesse) tra Pinocchio, il bambino bugiardo al quale cresceva il naso per ogni bugia detta, e Berlusconi, il nano bugiardo che ogni anno al posto del naso gli si allungano i capelli! O_O!
Comunque ecco a voi la bozza del contratto 2008.
Quindi capito?! Lui combatterà l'evasione, cercherà di abbassare le tasse, perchè così anche lui potrà pagare di meno, visto CHE è COLUI CHE PAGA PIù TASSE SIA COME SINGOLO SIA COME AZIENDE!
giovedì 6 marzo 2008
Un altro "PDLino" nel Club?
Farsi sentire serve!!
martedì 4 marzo 2008
La nostra Costituzione
Lo scorso mese, insieme con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, abbiamo festeggiato i 60 anni della nostra Costituzione.
Più di mezzo secolo è passato da quando, nel lontano 1 gennaio del 1948, la carta elaborata ed approvata il 22 dicembre 1947 (è bene tenere a mente queste date) dall’ Assemblea Costituente è entrata in vigore nel nostro Ordinamento.
Ieri come oggi questo testo ci rappresenta ed identifica come popolo e, unendoci in un unico, identitario vissuto storico, ci prende per mano guidandoci verso l’avvenire.
Sintesi unica e non compromesso tra le diverse componenti politiche del tempo, il patrimonio che lascia in eredità agli Italiani di oggi e di domani non si arresta “soltanto” al decalogo di principi fondamentali e, Parlamento permettendo, di organizzazione del nostro sistema costituzionale, ma riguarda anche il valore, rimasto inalterato durante tutto il processo costituente, dell’ ascolto reciproco, di una contrapposizione dialettico/politica incentrata sulla “paziente ricerca di punti d'incontro e di soluzioni condivisibili, di accettazione degli esiti alterni della prova del voto su materie controverse, e dunque di spirito di moderazione e di senso della missione”, che nel riconoscersi Italiani trovava sempre il suo punto di ricucitura dalle eterogenee posizioni ideologiche.
Solo questo è il modo per operare nell’ interesse di tutti.Non c’è altra via.
Diversamente, si rischia di sfociare alternativamente o in una dittatura della maggioranza o in un improduttivo scontro di particolarismi.
Ahimè oggi più che mai questo eccelso esempio di “modus operandi” politico sembra esser caduto nel vuoto.
E non è il solo lascito dei Costituenti ad essersi perso per strada.
Buona compagnia gli è infatti garantita dalla presenza di altri importantissimi principi supremi, a partire dallo stesso articolo che apre la nostra Costituzione e che ci fonda come comunità, l’ art 1, che individua nel Lavoro lo strumento principale di partecipazione alla vita democratica del nostro paese nonché di esercizio dei propri Diritti.
Principio direi brutalmente smentito dalle mille morti sul lavoro dello scorso anno e, dalle 62 di questi soli primi due mesi.
Dati inaccettabili per qualunque collettività umana.
Figuriamoci per la nostra, che sul lavoro si fonda e che su questo le sue radici Democratiche affonda.
Dall’ art 1 si potrebbe poi andare avanti per tutta la costituzione, passando dall’ art 2 (Si pensi soltanto ai diritti civili negati alle forme di convivenze diverse dal matrimonio), art 3 (Non solo in materia di lavoro e retribuzione, ma anche a partire dalla stessa legge elettorale!), all’ art 21 (come ci ricordano le recenti sentenze della Corte Europea, insieme, tra le tante, alla 466 del 2002 della Corte Costituzionale), arrivando all’ art 54 (mai i termini “disciplina” e “onore” sono apparsi cosi desueti e privi di significato come nel contesto politico istituzionale odierno) fino all’ art 107 (intaccato dalle recenti riforme della Giustizia) e art 112 (gli uffici giudiziari non sono assolutamente in grado, a livello proprio strutturale, di assicurare l’ obbligatorietà e l’ uniformità dell’esercizio della repressione penale, stante l’ elevato numero delle notizie di reato che giungono alle procure della Repubblica e la simmetrica mancanza di personale all’ interno degli uffici stessi).
Alla luce di tutti questi esempi, che ho per amor di sintesi sfoltito da molti altri egualmente significativi, è d’ obbligo chiedersi se la nostra classe politica debba più che altro urgentemente concentrarsi sulla attuazione del dettato costituzionale, piuttosto che arenarsi sulle annose sterili diatribe sull’ attualità della costituzione.
Qualunque strumento infatti, sia giuridico che non, dovrebbe esser prima utilizzato e solo successivamente, in caso di riscontri pratici contrari alla ratio secondo la quale lo si è elaborato, cambiato.
Oggi invece si assiste ad un perverso processo inverso: Mentre molti tra i più importanti principi che sorreggono e orientano il nostro ordinamento versano in uno stato di quasi totale ibernazione, aumentano i tentativi di revisione globale del testo costituzionale: Quando disapplicando i principi stessi della Costituzione (si pensi al procedimento posto a tutela della sua rigidità, dettato dall’ art 138, calpestato senza mezzi termini dalle bicamerali De Mita – Iotti del ‘93 e dalla D’Alema del ‘97), quando con arroganti colpi di maggioranza (si pensi alla legge costituzionale n. 3 del 2001 di riforma del titolo V della nostra Costituzione, nonché al tentativo di riforma bocciato dal Referendum Costituzionale del 2006).
In uno e nell’ altro caso, facendo spregio dei dettami dei Costituenti:
Rispetto della Costituzione e ricerca di un dibattito politico anche acceso ma comunque sempre teso alla strenua ricerca di punti di contatto comuni e di principi condivisi, nell’ottica di garantire in ogni caso la soddisfazione di quello che è l’interesse di tutti i cittadini.
Allora davvero mi pare opportuno rispedire al mittente il motto recentemente promosso dal Consiglio dei Ministri “60 anni della costituzione: Leggerla è il miglior modo per festeggiarla”, con allegato un caloroso invito ad attuarla, piuttosto che a modificarla.
E se poi proprio di modifiche si vuol parlare, si desista innanzitutto dalle tentazioni di imputare i numerosi problemi del nostro sistema politico al solo testo costituzionale (piuttosto che alla qualità della nostra classe dirigente) e, si elaborino le sole (puntuali) modifiche strettamente necessarie, che possiedano l’ indispensabile capacità di guardar lontano, al di là dello stretto costringente, o la Costituzione perderà la sua essenziale capacità direttiva, che “non si misura dal numero di articoli e commi dedicati a ciascun problema, ma dalla nettezza dell’impianto e dalla linearità delle procedure.”
domenica 2 marzo 2008
VENDITORI DI LINK SU EBAY. BASTA!
UOMINI DONNE E BAMBINI NON COMPRATE LINK. SE PAZIENTATE OGNI VOLTA VI AGGIORNERO' PERSONALMENTE CON I LINK IN VENDITA DI MODO DA NON DOVERLI ACQUISTARE.
ECCO UN ESEMPIO DI ACCHIAPPACITRULLI
ANDATE PURE SU QUESTO SITO PER VEDERE CON OCCHI VOSTRI...
www.bidplaza.com
CIAO!!!!
sabato 1 marzo 2008
G8 - Luogo di tortura fisica e psicologica
I pm hanno elencato le vessazioni subite dagli arrestati costretti a stare in piedi per ore o a fare la posizione del cigno e della ballerina, ad abbaiare come cani per poi essere insultati con minacce di tipo politico e sessuale. Molti hanno ricevuto schiaffi a mano aperta e colpi alla nuca soprattutto quando venivano tradotti a due a due nelle carceri di destinazione. I pm hanno inoltre descritto le vessazioni subite come lo strappo di piercing anche dalle parti intime e ragazze tenute nude fatte girare su se stesse o in tondo con commenti brutali da parte di agenti presenti anche in infermeria. «L'infermeria - ha denunciato il pm Miniati - che doveva essere un aiuto in caso di sofferenza è diventata un luogo di ulteriore vessazione».
.
La caserma di Bolzaneto, descritta oggi dai pm, è sembrata un girone infernale e un luogo di tortura fisico e psicologico: ragazzi e ragazze picchiate, tenuti ore e ore in piedi con le mani alzate, accompagnati in bagno e lasciati con le porte aperte, insultati, spogliati, derisi e minacciati di guai peggiori, tra cui la sodomizzazione, un salame usato come manganello, una mano divaricata e spezzata. Le ragazze erano chiamate «Troie, puttane« come accadde a Sara Bartezaghi a cui agenti dissero anche, ricordando la morte di Carlo Giuliani: »Ne abbiamo ammazzato uno, ne dovevamo ammazzare cento«. Il pm Ranieri Miniati ha poi fatto un riepilogo delle testimonianze più salienti delle parti lese durante il processo, tutte avallate dai ricordi di altri detenuti presenti nella caserma.
.
Tra queste quella di Massimiliano A., 36 anni, napoletano, disabile al cento per cento.»Gli agenti mi hanno preso in giro - aveva raccontato al processo - per la mia bassa statura, insultandomi con 'Nano buono per il circò, 'Nano di merdà, 'Nano pedofilò. Il pm ha anche ricordato che Massimiliano per un'ora non riuscì a farsi accompagnare in bagno, per cui si fece addosso i suoi bisogni e rimase sporco a lungo perchè gli impedirono di pulirsi.
.
Un altro episodio ricordato oggi riguarda Katia L., minacciata dagli agenti di farle fare la stessa fine di Sole (Maria Soledad Rosas), l'anarchica argentina che si suicidò in carcere dopo la morte del compagno, entrambi arrestati nell'ambito dell'inchiesta sugli attentati contro la Tav in Valle Susa. La ragazza si sentì male e vomitando sangue venne portata in infermeria dove un medico le somministrò dell'ossigeno. Al rifiuto della ragazza di sottoporsi ad una iniezione il medico la liquidò:«Vai pure a morire in cella».
.
I pm hanno poi concluso la seconda parte della requisitoria elencando i vari elementi probatori raccolti, sostenendo l'attendibilità di tutte le dichiarazioni delle parti lese sottoposte a varie tipologie di riscontri.