Vi assicuro che è tempo ben speso.
Potrei dirvi "Soddisfatti o rimborsati", ma vedrete che, dopo, sarete voi a volermi rimborsare per il tempo (e denaro) speso per portare alla vostra conoscenza questo inestimabile tesoro di semplicità ed immediatezza.
Ciò che è dovuto a ciascuno
Quando dite che è giusto dare a ciascuno ciò che gli è dovuto, avete una buona definizione del giusto, eppure sono sicuro che vedete subito dove stanno le difficoltà. Cosa, effettivamente, è dovuto a ciascuno? Ci arriviamo subito, ma anzitutto parliamo di una prima difficoltà, forse più difficile da cogliere. Dare a ciascuno ciò che gli è dovuto significa in primo luogo far coesistere due principi dietro il termine “ciascuno”: un principio di uguaglianza, anzitutto (“ciascuno” è considerato esattamente come tutti gli altri), e un principio di differenza proprio di ciascuna persona, perché ciò che è dovuto a Nicole forse non è ciò che è dovuto a Saïd, e ciò che è dovuto a Gaël non è necessariamente ciò che è dovuto a Jonathan. Ci sono dunque due principi: uguaglianza e differenza.
Se siete d’accordo, proporrò di dire uguaglianza e singolarità. La singolarità è ciò che è proprio di ciascuno in quanto egli è un essere singolare, in quanto egli è unico.
Uguaglianza e singolarità sono inseparabili nell’idea di giustizia e, al tempo stesso, possono entrare, se non in contraddizione, forse, quanto meno in conflitto.
Questo ci insegna una prima cosa importantissima: il giusto e l’ingiusto si decidono sempre nel rapporto con gli altri. Nel giusto e nell’ingiusto, si tratta degli altri e di me, ma sempre di me in rapporto agli altri. Deve essermi reso ciò che mi è dovuto così come deve essere reso agli altri ciò che è dovuto loro. Ciò significa che non può mai esservi giustizia per uno solo: non avrebbe alcun senso. La giustizia esiste, dunque, solo in rapporto all’altro. Ecco perché farsi giustizia da sé non ha alcun senso. Tuttavia è certamente vero che ciascuno di noi, nella propria singolarità, ha diritto a un riconoscimento assolutamente particolare. Non sarebbe giusto, per esempio, decidere che tutti devono avere i capelli rossi e obbligare tutti a tingerseli. Al contrario, le sfumature singolari dei capelli fanno parte (anche se ne costituiscono soltanto un’infima parte) di ciò che ciascuno è, singolarmente.
Ma allora – seconda parte della definizione – che cosa è dovuto a ciascuno? In questa sede non ci porremo nemmeno il problema di sapere come dare o rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto. Possiamo però distinguere facilmente alcuni elementi di ciò che è dovuto a ciascuno: ognuno ha il diritto di vivere, e quindi deve avere i mezzi per vivere, per nutrirsi o per proteggersi dalle intemperie; ognuno ha il diritto di essere istruito, dunque è giusto che ogni bambino possa andare a scuola. So bene che alcuni di voi in questo momento stanno pensando: “Non è poi tanto sicuro che questo sia giusto”. Eppure, la scuola per tutti rientra nell’ambito della giustizia, perché non avere istruzione e cultura significa non poter sviluppare tutte le proprie possibilità, come uomo o come donna, nella vita. Inoltre, certamente, ognuno ha diritto alla salute, e dunque a poter essere curato, e ognuno ha questo diritto anche quando un destino che si potrebbe chiamare, forse, ingiusto, lo ha fatto nascere con un handicap. È giusto, allora, poter fruire di particolari cure, potersi servire di una sedia a rotelle, avere accessi per portatori di handicap, ecc. È giusto che tutto questo sia previsto dalla legge. Oggi, la legge impone che, sui mezzi di trasporto e nei locali pubblici, vi siano accessi per le sedie a rotelle dei portatori di handicap. Potremmo continuare a lungo questa discussione su quel che è giusto e quel che deve essere riconosciuto come giusto da tutti in una data società, in materia di educazione, di alloggi, di salute, di salario, di condizioni di lavoro e di vita, perché vi sono molte cose che sappiamo bene che sono giuste.
Se avessimo il tempo di farla, questa discussione ci riporterebbe alla legge. È per questo che la legge cambia e si evolve, perché ci si rende conto che c’è questa o quella esigenza di giustizia a cui, sino a quel momento, non si prestava attenzione, o che prima non era abbastanza evidente. Questo ci ricondurrebbe dunque, di nuovo, alla legge e a tutto ciò che sarà sempre da cambiare, da riformare, da adattare. Ora, noi sappiamo che fumare è una pessima cosa per la salute e per la gestione di quella che si chiama la sanità pubblica, per via delle cure che devono essere fornite a tutte le persone che soffrono di cancro o di malattie polmonari provocate dal tabacco. Per questa ragione, è necessario che la legge si evolva. La legge non cambia tutti i giorni, ma vi sono sempre buone ragioni per progettare di trasformarla o per emanarne di nuove, perché la società diventi più giusta.
Dobbiamo però notare subito che non riusciremo mai a dire interamente, integralmente, esattamente cosa è dovuto a ciascuno in particolare. Come si può riassumere ciò che è dovuto a ciascuno di noi in quanto ognuno è una persona unica, in quanto è Nicole o Saïd o Gaël o Brahim? In un certo senso, si potrebbe dire che occorre unicamente che ciascuno sia riconosciuto nella sua singolarità. È una lista infinita: quando potrò aver finito di essere giusto verso Nicole o Saïd? Quando potrò aver finito di riconoscerlo o di riconoscerla, non soltanto come un amico o un’amica o come qualcuno interessante perché può prestarmi la sua playstation o aiutarmi in matematica, ma di riconoscere lui, veramente? Ponendo questo interrogativo, vediamo aprirsi la divaricazione più completa tra il giusto morale e il giusto nel senso dell’esattezza, l’aggiustamento.
Non vi è alcun aggiustamento possibile di questa giustizia. Si potrebbe dire, se volete, che la giustizia è inevitabilmente senza esattezza o senza aggiustamento. Beninteso, posso comprare dei vestiti per Nicole o per Saïd, ma è meglio che li compri della loro taglia e che stiano loro “giusti”.
Sì, questo può farvi ridere, ma se compro un paio di jeans della mia taglia per uno di voi, avrà uno strano aspetto.
I vestiti, dunque, devono essere “aggiustati” sino al termine della crescita. Ma che cosa dovrà essere aggiustato se ci si interessa all’aspetto estetico dei vestiti? Qual è il più giusto? Un paio di jeans blu, neri o grigi? Ovviamente, non è possibile dirlo.
Certo, ci sono cose molto più importanti dei vestiti, c’è ciò di cui ciascuno ha voglia, ciò che a ciascuno piace, ciò che ciascuno sogna. Ma ci sono anche questioni per le quali non siamo necessariamente giusti con noi stessi. Penso al bambino diabetico di cui parlavo prima; tutti noi, o almeno molti di noi, hanno voglia di dolci, ma è pericoloso mangiare dolci quando si è diabetici. Analogamente, spesso avete pochissima voglia di fare i compiti, eppure è necessario.
Ma pensateci da soli adesso, potete andare ancora e sempre oltre, non vi è modo di chiudere la lista di ciò che è veramente dovuto a ciascuno.
Jean-Luc Nancy
Ci insegna Jean-Luc che la Giustizia non è giusta ed è giusto che sia cosi.
Il significato di questa frase (faccio mie le ben calibrate parole di "Equilibrismi" ), in apparenza sbalorditiva si spiega attraverso il diverso uso e concetto dietro alla parola giusto: “come equità e come esattezza”.
La giustizia non è, non può essere esatta in modo definitivo perchè, mutando i bisogni di ciascuno di noi, volti costantemente a migliorare la nostra condizione umana, materiale e spirituale, il concetto di soddisfacimento di questi bisogni in modo equo deve essere costantemente “aggiustato”, ridefinito.
La giustizia quindi è e deve essere in continua evoluzione in modo tale da potersi sempre tener fede ai principi di uguaglianza in base al quale tutti gli uomini sono uguali e il principio / la necessità di differenza e singolarità che caratterizza ognuno di noi in quanto individui singoli speciali e unici (qui, a tutti i Giuristi, verrà in mente quel famoso principio di "Ragionevolezza").
La vera saggezza non è sapere di essere giusti o esserne convinti (al contrario questo può essere deleterio e pericoloso) e ritenere di non doversi migliorare per esserlo di più bensi riconoscere che la giustizia si fa solo in rapporto con gli altri e che essa non è mai abbastanza.
Riuscire a fare proprio questo concetto significa già cominciare a essere giusti.
La vera saggezza non è sapere di essere giusti o esserne convinti (al contrario questo può essere deleterio e pericoloso) e ritenere di non doversi migliorare per esserlo di più bensi riconoscere che la giustizia si fa solo in rapporto con gli altri e che essa non è mai abbastanza.
Riuscire a fare proprio questo concetto significa già cominciare a essere giusti.
2 commenti:
Infatti è facile calpestare i diritti quando non sono i nostri, ma nel momento in cui sentiamo lesi i nostri diritti, subito c'è il ricorso alla giustizia. Dovremmo cominciare davvero a capire che la legge è uguale per tutti.
Sai Nick, io nella giustizia ci credo profondamente, purtroppo non in quella degli uomini!
Un caro saluto.
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