Un generale danese, Jesper Helso, che sarebbe l’equivalente del nostro Capo di Stato Maggiore, è nei guai. Ha commesso l’imprudenza di accettare l’invito ad una battuta di caccia al cinghiale in Estonia. Vi partecipavano una cinquantina di persone, e fin qui niente di male. I difensori dei cinghiali non si sono agitati. Ma l’Associazione venatoria che lo aveva invitato è patrocinata, qui cominciano i guai, da alcune industrie svedesi che vendono armi. Le vendono a tanti paesi, e, ahimè, anche alla Danimarca. Sicché quel generale, pezzo grosso delle forze armate, è andato a caccia con un’Associazione che qualche legame con gli svedesi, fornitori dell’esercito danese, lo aveva. Eh no, ha detto il ministro della difesa al generale, queste cose non si fanno. Nota di biasimo, dunque: ne hanno parlato tutti i principali giornali locali.
Una battuta di caccia come tentativo di corruzione? Come bustarella? A noi la trasgressione può sembrare di lieve importanza, o forse del tutto irrilevante. Ma d’altronde i danesi sono fatti così: un loro ministro, una signora, dovette dimettersi qualche anno addietro perché, in missione a Parigi, aveva scelto per il soggiorno un albergo troppo costoso, il Ritz. Un albergo come il Ritz possono permetterselo solo i ricchi, non coloro che viaggiano a spese dello Stato. Ed ecco un altro episodio degno di nota: il sindaco di Aalborg, terza città per importanza, si è dimesso quando si è scoperto che aveva pagato in nero qualche intervento nella stanza da bagno, a casa sua.
Che cosa dimostrano, questi episodi? Non dimostrano certo che i danesi sono perfetti, tutt’altro: si tratta, infatti, di tre trasgressioni, o tre imprudenze, scegliete voi il termine giusto. Ma indicano quali siano i metri di giudizio, quali le regole di comportamento in quei famosi Paesi del Nord, la Danimarca e tanti altri. Gli uomini sono tutti peccatori, ma in certi paesi i peccatori sono richiamati all’ordine, sono puniti, perché si aspira ad una società virtuosa. Da noi, che cosa si fa in tema di trasgressioni? Di norma, si chiudono gli occhi, si lascia correre. Quando poi si sorpassano i limiti, e non si può far finta di niente, si manda il trasgressore in Parlamento, per metterlo al sicuro. Se neanche il Parlamento basta, lo si manda al sicuro in qualche paese straniero, tollerante e accogliente, come la Tunisia. Quando muore, in segno di espiazione, si chiede scusa ai discendenti, e gli si intitola una strada.
Articolo di Piero Ottone (giornalista di "la Repubblica". Sul settimanale Il venerdì di Repubblica tiene una rubrica intitolata Vizi & Virtù, da cui è tratto questo articolo)
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