giovedì 19 giugno 2008

Alea iacta est

Mezzogiorno di fuoco contro i Casalesi. Alle 12 e 30 nell'aula bunker cala la parola fine sul processo d'appello contro la feroce camorra di Casal di Principe dopo 3 giorni di camera di consiglio. Colpiti tutti i ras del clan: da Francesco «Sandokan» Schiavone a Francesco Bidognetti ai due latitanti «eccellenti» Antonio Iovine e Michele Zagaria. Per loro, per i capi storici e attuali dei Casalesi, ergastolo confermato. Così come ai loro luogotenenti e sicari. In totale sedici provvedimenti di carcere a vita, come chiesto dai pm.
Uniche attenuanti per alcuni collaboratori come Luigi Diana.

È soddisfatto il pg Francesco Iacone, rappresentante dell’accusa. «La sostanza della sentenza di primo grado è confermata, tranne qualche punto che mi riservo di valutare. Le attenuanti generiche sono state concesse solo agli imputati che hanno ammesso i fatti e hanno confessato». Il pg ha sottolineato «gli enormi sforzi» per celebrare il processo «compiuti da tutti gli apparati». «Vi ricordo - ha detto - che in primo grado il processo Spartacus durò sette anni e gli imputati furono scarcerati. Noi per portarlo a termine abbiamo stralciato la posizione degli imputati liberi e ci siamo concentrati su quelli detenuti. Così consentiremo anche alla Cassazione di intervenire prima della scadenza dei termini». Alla domanda di una giornalista su quale sia stata la maggiore difficoltà da affrontare il pg ha risposto: «Sono state le proteste degli avvocati, che minacciavano di andarsene. Comunque abbiamo avuto molti problemi grossi, perfino il presidente che è stato male».

Sono complessivamente 30 le condanne inflitte dalla prima sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli (presidente Raimondo Romeres, giudice a latere Maria Rosaria Caturano). Oltre alle sedici condanne all’ergastolo (nei confronti, tra gli altri, dei vertici della cosca come Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine), la Corte ha inflitto altre 14 condanne a pene varianti dai 30 ai due anni di reclusione. Trenta anni è la pena stabilita per Pasquale Apicella e Giuseppe Russo, 21 per Antonio Basco, 16 per Luigi Diana, 15 per Dario De Simone (collaboratore di giustizia) e Nicola Pezzella, 14 per Franco Di Bona (anch’egli pentito), 10 anni e sei mesi per Carmine Schiavone (pentito), 9 per Guido Mercurio, 9 per Corrado De Luca, 4 per Alberto Di Tella e Giuseppe Quadrano (entrambi pentiti), 3 anni e tre mesi per Vincenzo Della Corte, 2 per Vincenzo Schiavone.

Primo e secondo grado è durato in tutto dieci anni. Dieci lunghi anni di processi nel corso dei quali i Casalesi hanno continuato a spadroneggiare, uccidere, intimidire. Sette anni il primo grado (sentenza il 15 settembre 2005) con 21 eragastoli inflitti e 95 condanne complessive: un totale di otto secoli e mezzo di condanne. Dei 21 ergastoli, nel secondo grado, durato «solo» tre anni ne erano stati chiesti 16. Confermati in aula. Sedici gli omicidi oggetti di valutazione e revisione commessi tra il gennaio 1988 e la fine del 1991: tra questi il più importante, quello di Antonio Bardellino, capo indiscusso della camorra casertana, ucciso in Brasile.

Un processo-simbolo, il processo a «Gomorra», non a caso chiamato «Spartacus», quasi si dovesse - come lo schiavo Spartaco - liberare un intero territorio dal gioco della camorra più sanguinaria e potente. Un giorno del giudizio scandito da minacce a giornalisti (la reporter del «Mattino», Rosaria Capacchione), giudici (Raffaele Cantone) e finanche a una star del calibro di Saviano.

Così la vigilia della sentenza contro un clan che, secondo calcoli approssimativi (per difetto), ha un giro d'affari di 30 miliardi di euro e ramificazioni in mezzo mondo, è stata scandita da paura e tensione. Timore di un atto eclatante, di un gesto di sfida allo Stato dopo le minacce rivolte in aula e anche dopo l'ironia sferzante di «Sandokan» che da dietro le sbarre dell'aula bunker aveva ammonito giornalisti e operatori televisivi: «Non sono un animale in gabbia, non voglio essere ripreso da Telekabul». Ma non è successo nulla se non il furto di un motorino, seminuovo, di una cronista, parcheggiato davanto l'aula-bunker.

E mentre i capi minacciavano in aula, i gregari sparavano nelle strade, terrorizzando pentiti e collaboratori di giustizia. Una lunga scia di sangue con l'eliminazione fisica di chi aveva intenzione di rompere l'omertà e collaborare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Sotto le bifilari dei sicari sono così caduti Domenico Noviello, imprenditore che si era ribellato al «pizzo> e doveva testimoniare (proprio ieri è stato arrestato il suo estorsore), Michele Orsi, imprenditore del settore ecologico che aveva rotto il sodalizio di affari con i Casalesi e voleva collaborare con la giustizia. E ancora, ferita la nipote di Anna Carrino, compagna di Francesco Bidognetti «Cicciotto 'e mezzanotte», che aveva scisso i suoi legami con il clan e sollecitava anche il suo uomo in carcere a fare lo stesso.

In aula ad ascoltare la «resa» dei Casalesi c'è anche lui, lo scrittore Roberto Saviano, l'uomo che con il suo best-seller «Gomorra» ha messo organicamente in luce la camorra-imprenditrice di Casal di Principe, mettendo a nudo le «icone del male» come Francesco «Sandokan» Schiavone, Francesco Bidognetti, Pasquale Zagaria e Antonio Iovane.

«Questa sentenza è la vittoria dello Stato e della Procura antimafia. Ma tanto resta ancora da fare, è solo l'inizio di un percorso di lotta ai poteri criminali, di una svolta che ha un significato culturale. In questo momento il mio pensiero va ai magistrati che hanno lavorato in queste inchieste, a molti giornalisti coraggiosi e anche ai caduti di camorra di cui spesso non si parla sui media».


(ThxTo: Corriere, Repubblica)