giovedì 28 febbraio 2008

Grazie Aldo


La gatta frettolosa fa i gattini ciechi, ha sempre pensato sua eccellenza Aldo Monfeli.
Lui no, mai stato frettoloso. Anzi.

Sei anni dopo esser andato in pensione lasciando la presidenza della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Calabria, continua a depositare le vecchie sentenze dopo averci riflettuto sette, otto, nove anni. Gli altri pensionati vanno ai giardinetti, lui deposita sentenze. Ponderate. Molto ponderate.

Romano ma sposato con una signora di Lametia Terme e calabrese d'adozione, piccolo, minuto, pignolo, Aldo Monfeli era stato presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti regionale, con sede a Catanzaro, fino a metà del 2002. Quando, raggiunti i limiti di età, era andato finalmente a riposo. Lasciandosi dietro una lunga scia di sentenze che aveva emesso, decidendo assoluzioni e condanne, senza mai depositarle. Col risultato che gli avvocati difensori degli imputati, pur potendo puntare sulla prescrizione, non avevano neppure potuto fare ricorso.

Non bastasse, nel momento chiave gli era pure morto Francesco Iraci, il magistrato che gli aveva fatto da spalla in un sacco di processi e che avrebbe potuto depositare lui tutti quei verdetti in sospeso. «Eccellenza dottor Monfeli, e adesso?». «Tranquilli, ve li faccio in pensione», rispose il giorno dell'addio. E da allora, pian pianino, ha depositato 23 vecchie sentenze nel 2003, 5 nel 2004, 7 nel 2005 e dopo essersi preso nel 2006 un anno di riposo senza stendere neppure un verdetto, si è rifatto vivo con 6 deliberazioni depositate nel 2007 e una nel 2008. Totale: 42 sentenze (una ammiccò d'averla ritrovata dietro un calorifero dov'era chissà come scivolata) in cinque anni e passa.

L'ultima, registrata il 16 gennaio scorso, riguardava l'assoluzione di un funzionario comunale, un certo Michele Scalercio, responsabile del servizio di Ragioneria del municipio di San Fili, per un presunto dirottamento di sei mandati di pagamento destinati alla Regione e finiti nelle casse di una fantomatica «As. Mez.» (associazione mezzogiorno) di cui lui stesso figurava essere il legale rappresentante. Motivo dell'assoluzione: prima di citarlo in giudizio per danno erariale e danno all'immagine del comune di San Fili, il procuratore regionale della Corte dei Conti doveva invitare formalmente l'uomo a depositare, entro 30 giorni, le proprie deduzioni. Ma le ragioni e i torti, quali che fossero, sono quasi secondari rispetto alle date: la sentenza depositata a metà gennaio di quest'anno era stata emessa infatti sotto la presidenza di Aldo Monfeli nel lontano 8 marzo del 2000. Quando il presidente americano era ancora Bill Clinton, il centravanti della Juventus era Daniel Fonseca, George Clooney doveva ancora girare «Ocean's eleven» e si usavano ancora le lire.

E non era neppure il record.

Il suo primato personale, che dovrebbe essere adeguatamente segnalato nel «Guinness World Records», Sua Eccellenza Monfeli lo mise a segno infatti il 21 giugno scorso, solstizio d'estate e festa di San Luigi Gonzaga. Fu in quella data memorabile che depositò ben tre sentenze emesse il 24 giugno 1998. Cioè tre giorni prima che scoccassero i nove anni di attesa.Ammettetelo: tre miracoli.

Di quel lontano 1998 tutti noi, comuni mortali, fatichiamo a ricordare la prima visita di Giovanni Paolo II a Cuba, la tragedia della funivia del Cermis abbattuta da un aereo di piloti yankee in vena di acrobazie o la morte del sanguinario Pol Pot.Lui no: il giudice a riposo ricordava tutto. Non solo che il nodo era il danno erariale causato nel 1991 (quando a palazzo Chigi c'era Giulio Andreotti e alla funzione pubblica Remo Gaspari) dai dirigenti dell'Asl numero 31 della Calabria (su tutti il controverso Francesco Gangemi, poi coinvolto in inchieste varie) colpevoli di avere promosso vari infermieri che non ne avevano diritto. Ma ricordava nomi, cognomi, date di nascita, prove a carico, documenti a discolpa: tutto. Compresi gli interventi dei legali: «L'avvocato Morabito, a sua volta, ha argomentato ampiamente a proposito dell'intervenuta prescrizione e — diversamente da quanto opinato dalla Procura — della natura non permanente dell'asserito illecito, bensì istantanea con effetti permanenti, con le conseguenze che da tale distinzione derivano con riferimento all'individuazione del dies a quo ai fini degli effetti del decorso del tempo».
Un mostro. Al cui confronto lo stesso Pico della Mirandola, che passava per avere una memoria di ferro, impallidisce.
Tratto da un articolo di Gian Antonio Stella

Io quest uomo, per la sua etica del Lavoro e per la sua immensa dedizione e rispetto delle Istituzioni (e dell' Italia stessa), voglio ringraziare.

Esempio di dover essere a cui tutti dovremmo ispirarci.


Se si vuole, si può.

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